Con
la parola "trazione"
ci si intende riferire alla forza che determina il movimento di un
veicolo, vincendo le resistenze che vi si oppongono. La trazione di
un'auto può essere anteriore, posteriore, integrale. Ognuna di
queste tre diverse soluzioni ha i suoi pregi ed i suoi difetti. La
trazione anteriore ha conosciuto grande diffusione grazie alla
semplicità ed istintività di guida che garantisce in tutte le
situazioni; la trazione posteriore, dal canto suo, è stata per
lungo tempo l’unica scelta possibile quando si manifestava
l'esigenza di scaricare a terra molti cavalli. E proprio in
quest'ultimo caso, quale valida alternativa, si è imposta la
trazione integrale permanente. Con il termine
"permanente" ci si intende riferire alla particolarità
che tutte le quattro ruote sono sempre pronte a dare la trazione
necessaria in qualsiasi momento. All’inizio degli anni '80, la
trazione integrale permanente, lanciata dai rally, trovò vasta
applicazione sulle auto stradali, non più per garantire mobilità
su fondi difficili (come invece nel caso delle fuoristrada 4x4),
ma per assicurare l'adeguata trasmissione a terra di potenze
elevate. Perché ciò avvenga occorre un sistema che permetta alle
ruote di ruotare a velocità differenti una dall'altra, pur
mantenendo il collegamento con il motore. Infatti, percorrendo una
curva, le quattro ruote di un'auto compiono quattro traiettorie
diverse con velocità di rotazione differente. Se si imponesse una
velocità identica per tutte le ruote, l'auto affrontando una curva
finirebbe inesorabilmente in testacoda: si avrebbe - infatti - una
velocità media delle ruote non appartenente a nessuna di esse, la
quale cosa provocherebbe la loro perdita di aderenza. Il vero
vantaggio di una trazione integrale permanente rispetto ad una
normale vettura a due ruote motrici (anteriori o posteriori che
siano) è che ogni singola ruota della vettura dovrà gestire una
potenza inferiore. Infatti, se la potenza è - ad esempio - di 300
cv, ogni pneumatico di una trazione integrale dovrà scaricare a
terra 75 cv; con due sole ruote motrici, invece, il valore salirebbe
a 150 cv per ogni ruota: ciò significherebbe impegnare gravemente
lo pneumatico in aderenza longitudinale per avere trazione, a
scapito dell'aderenza trasversale e quindi della tenuta di strada. Ebbene,
l'unico sistema in grado di garantire la ripartizione della coppia
sempre uguale e velocità di rotazione diverse è l’adozione dei
tre differenziali, uno per ogni assale ed il terzo fra i due assali,
in modo - appunto - da garantire velocità diverse alle singole
ruote. Lo schema a tre differenziali (che costituisce lo schema
classico della trazione integrale permanente) presenta però anche
alcuni svantaggi, come l'impossibilità di muoversi su percorsi
innevati: infatti, se una delle quattro ruote comincia a slittare,
per effetto dei differenziali verrà trasferita anche alle altre tre
ruote la stessa coppia della ruota che sta slittando e quindi il
veicolo rimarrà fermo; per questo motivo sono stati introdotte
alcune soluzioni, come i differenziali autobloccanti. Altro
svantaggio è la frenata. Per avere una frenata efficace, ogni ruota
deve essere in grado di rallentare per suo conto, in modo che l'ABS
sia in grado di applicare l'adeguata coppia frenante in base
all'aderenza della singola ruota, cosa non possibile se una ruota è
collegata ad un'altra tramite un albero o un differenziale; ciò
rende meno efficaci in frenata, in discesa, le trazioni integrali
rispetto alle vetture con due ruote motrici. Nel corso degli anni si
è assistito ad una rapida variazione ed evoluzione dello schema con
tre differenziali, tramite l'utilizzo di meccanismi (anche
notevolmente diversi tra loro) finalizzati a ripartire la coppia
motrice fra le ruote. Ne sono un valido esempio: il giunto viscoso
(utilizzato in passato per le Alfa 33 Permanent4, le Alfa 155 Q4 e
le Alfa 164 Q4), il differenziale a slittamento limitato, il
differenziale con diverse possibilità di bloccaggio (dall'interno,
con frizione a comando idraulico, elettrico, elettronico), il
differenziale Torsen, la frizione Haldex (per le integrali "on
demand", cioè una due ruote motrici che quando occorre si
trasforma in trazione integrale), il differenziale ad incremento
della coppia sulla ruota esterna alla traiettoria, il differenziale
Torsen a ripartizione di coppia. Ebbene, proprio quest'ultimo è
quello che è stato utilizzato dall'Alfa Romeo quale differenziale
centrale, debuttando per la prima volta sulle 156 Crosswagon Q4 e
156 Sportwagon Q4. Più precisamente, l'Alfa Romeo, per questo suo
schema di trazione integrale permanente battezzato nuovamente
"Q4", ha scelto un differenziale centrale autobloccante a
quattro livelli di bloccaggio, il Torsen type C, conosciuto
anche come "type 3" (figura 1 e figura 2), completamente
meccanico, in assoluta controtendenza rispetto alle altre case
costruttrici.
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fig.
1 |
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fig.
2 |
Questo
differenziale ha una caratteristica inedita, quella di trasmettere
costantemente - in condizioni normali - più coppia all'asse
posteriore (58%) che all'asse anteriore (42%). Il bloccaggio dei
differenziali esterni (anteriore e posteriore) viene invece
controllato elettronicamente tramite il VDC (controllo elettronico
della stabilità Alfa Romeo). Il
Torsen C, per generare una coppia maggiore al retrotreno, ricorre ad
un gruppo di ingranaggi epicicloidali di
differente diametro (fig. 3).
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fig.
3 |
Essenzialmente, il differenziale
centrale è costituito
da un piatto
portacorolla (in verde nella figura 3) attraverso il quale avviene
l'ingresso del moto che è ripartito - all'asse anteriore - tramite
un albero (in azzurro nella figura 3) collegato al "sole
portasatelliti" (satelliti
in bianco nella figura 3) e - all'asse posteriore - tramite una
corona esterna (in blu nella figura 3). La maggior coppia viene
ripartita al retrotreno grazie ai satelliti che creano un Delta N
tra i due alberi di uscita (figura 4).
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fig.
4 |
Lo
schema Alfa Romeo Q4, grazie al Torsen C, è in grado di variare la
ripartizione della
coppia in base alle fasi di utilizzo della vettura. Infatti, in fase
di accelerazione circa l'80% della coppia viene inviata al
retrotreno per ridurre il sottosterzo; al contrario, per evitare il
sovrasterzo, in determinate condizioni la coppia inviata al
retrotreno si ferma al 40%. Altra particolarità classica del Torsen
è che esso, grazie agli ingranaggi elicoidali a vite senza fine, ha
una funzione autobloccante: quando una delle ruote perde aderenza e
inizia a pattinare, gli ingranaggi si bloccano e diventano un corpo
unico, trasmettendo tutta la coppia alla ruota o all'asse aderente. Ecco,
nella figura che segue, un utile quadro d'insieme.
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Fig.
5 - Nel Torsen C dell'Alfa Romeo, attraverso l'ingranaggio
centrale (in rosso nel disegno) la coppia va all'asse
anteriore. Attraverso la corona dentata (in giallo nel
disegno) va invece al retrotreno, con un incremento di coppia.
Il differenziale si blocca automaticamente grazie all'elica
dei satelliti quando un asse slitta.
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Il
comportamento di un differenziale meccanico rimane rapido ed
invariato nel tempo: per questo è stato scelto dai tecnici
dell'Alfa Romeo che ritengono i sistemi gestiti elettronicamente
efficaci solo a veicolo nuovo o in perfette condizioni, ma
inevitabilmente soggetti a imprecisioni, ritardi e starature quando
il veicolo invecchia. Basti solo pensare che la lettura dei sensori
può essere influenzata da diversi fattori come, ad esempio, lo
stato di usura degli pneumatici: uno pneumatico più consumato di un
altro porta i sensori ad una diversa lettura della velocità di
rotazione della ruota, fatto che viene recepito erroneamente dal
sistema di gestione elettronica come una variazione delle condizioni
di aderenza.
Materiale
tratto da AUTO e da www.torsen.com
dicembre
2004
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