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La
storia dell'Arna inizia in un giorno ben preciso. Era il 9 ottobre
1980 il giorno in cui il presidente dell'Alfa Romeo, Ettore
Massacesi, e il presidente della Nissan, Takaschi Ishihara,
firmavano a Tokyo un accordo per la costituzione di una società
mista Alfa-Nissan denominata "Alfa Romeo Nissan Autoveicoli
S.p.A.": proprio da tale denominazione deriverà poi il nome
Arna. Lo scopo della joint-venture doveva essere quello di
realizzare in Italia (nel nuovissimo stabilimento di Pratola Serra,
in provincia di Avellino) una nuova auto di segmento medio-inferiore,
la fascia di mercato fino ad allora occupata dall'Alfasud: la Nissan
avrebbe fornito la scocca e qualche parte meccanica mentre l'Alfa il
motore e tutto il resto. Il pianale fornito dalla Nissan era
quello piuttosto datato della Nissan "Pulsar" (denominata
anche "Cherry", a seconda dei mercati). Dalla Nissan
proveniva anche il retrotreno. Si trattava di uno schema a ruote
indipendenti con triangoli oscillanti longitudinali, molle
elicoidali e ammortizzatori idraulici: uno schema, questo,
caratterizzato da semplicità e ingombro limitato. Al
pianale e al retrotreno della Nissan, l'Alfa affiancò innanzitutto
il collaudato motore Boxer inaugurato sull'Alfasud nel 1972. Apriamo
una breve perentesi relativa allo schema del propulsore. Spesso
capita di sentire parlare del motore boxer come di "motore a
cilindri contrapposti". In realtà, si tratta di due differenti
tipologie di propulsore: una cosa è il motore boxer, altra cosa è
il "motore a cilindri contrapposti" (anche detto
"motore con cilindri a V di 180°"). Per capirci,
esaminiamo una coppia di pistoni. Nel motore cosiddetto
"boxer", i pistoni di ogni coppia si muovono entrambi
verso i punti morti superiore o inferiore. Costruttivamente
parlando, ciò avviene perché i perni di biella sono spaziati di
180°. Insomma, nel "boxer" le bielle dei due pistoni
opposti non sono collegate allo stesso perno di manovella
dell'albero a gomiti. Esattamente il contrario avviene nei motori
"a cilindri contrapposti". In questi ultimi, un pistone
scende al punto morto inferiore mentre quello accanto sale al punto
morto superiore, proprio perché essi sono, come dire,
"legati" dallo stesso perno di manovella dell'albero a
gomiti. I motori "a cilindri contrapposti" (o "a V di
180°") e i motori "boxer" hanno, tra loro,
differenti alberi motore e dunque sono caratterizzati da
un'equilibratura e da impianti di scarico differenti. Ma torniamo
adesso all'Arna. L'avantreno Alfa prevedeva uno schema a ruote
indipendenti (Mc Pherson), con triangoli inferiori oscillanti,
montanti verticali, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici: il
montaggio di questo schema di sospensioni richiese delle modifiche
alla parte anteriore della struttura e al pianale, al fine di
adattare gli attacchi delle sospensioni e ricavare lo spazio per il
cambio (la Nissan Pulsar, infatti, aveva il motore trasversale e non
longitudinale come invece la nostra Arna). Anche il gruppo
cambio-trasmissione era Alfa Romeo ed era identico a quello adottato
dalla sorella maggiore, la 33. I freni, dotati di servofreno, erano
a disco sull'avantreno e a tamburo sul retrotreno. La
scocca aveva caratteristiche tipiche della tecnologia giapponese.
Importante da sottolineare, l’uso esteso di lamiere speciali sia
per parti di carrozzeria che per i rinforzi della struttura.
Infatti, per la struttura erano state utilizzate lamiere normali per
le parti meno sollecitate e meno soggette a corrosione; lamiere
zincrometal per quelle più esposte agli agenti atmosferici; lamiere
ad alta resistenza per quelle maggiormente sottoposte a sforzi e
anche ad alta resistenza con trattamento zincrometal per i cofani e
gli attacchi delle sospensioni anteriori. L'Arna
(lunga 4 metri esatti, larga 1.62 metri, alta 1.34 metri e pesante
850 Kg) venne commercializzata negli ultimissimi mesi del 1983. Tre
erano le versioni disponibili: L (3 porte), SL (5 porte), TI (3
porte). Le
versioni L ed SL, spinte dal classico motore boxer 1186cc da
63cv a 6000 giri/min., raggiungevano i 150 km/h con un'accelerazione
da 0 a 100 km/h in 14.4 secondi; la versione TI, invece, era
equipaggiata con un più generoso 1350cc da 86cv a 5800 giri/min. e
raggiungeva i 170 km/h. La
dotazione era adeguata all'epoca, anche se l'assenza del contagiri
sulle versioni L ed SL non si addiceva certo ad un'Alfa.
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La
nuova piccola Alfa, presentata al Salone di Francoforte del 1983,
venne accolta dal pubblico e dagli alfisti in modo molto critico:
semplicemente, la vettura "non sapeva di Alfa". Giudizi
estetici a parte (i quali, per loro stessa natura, sono sempre
personalissimi), l'Arna soddisfazioni su strada ne dava, perché il
propulsore era pur sempre il boxer Alfa Romeo con le sue prestazioni
che per l'epoca erano al vertice della categoria.
Tra
l'altro, provata su strada, l'Arna si comportò brillantemente, con
un alto livello di sicurezza e tenuta di strada e con uno sterzo e
un impianto frenante sempre all'altezza della situazione. In
tutta serenità, si può alla fine concludere che ciò che decretò
l’insuccesso commerciale e di immagine dell’Arna non fu una
carenza tecnica e prestazionale, quanto soprattutto dei canoni
stilistici davvero poco in linea con la tradizione Alfa Romeo.
A
metà 1987 la produzione dell'Arna venne interrotta.
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