
|
Al
momento del lancio commerciale, tanti furono i “benpensanti” che
si divertirono a deridere più o meno bonariamente (almeno finché
non se ne sono ritrovati una riflessa nello specchietto retrovisore
della propria auto...) la 156 GTA, mossi più che altro da
pregiudizi che - si sa! - sono parecchio duri a morire. Su
quest'Alfa vennero dette tante cattiverie, in molti casi
mascherandosi dietro ironiche quanto sterili critiche, una per tutte
contestandole di non tener fede al significato del proprio nome
(Gran Turismo Alleggerita) a causa della sua massa (1410 Kg) e
facendo finta di ignorare che una berlina di prestigio nata nel 2002
non poteva più presentarsi sul mercato senza quelle dotazioni e
quegli equipaggiamenti che se da un lato erano ormai indispensabili
per renderla più appetibile ai più, dall’altro ne facevano
fatalmente lievitare il peso. Questo concetto potrebbe certo far
storcere il naso a chi ancora oggi bada solo al motore e al
contagiri, ma tant'è: che piaccia o no, il mercato moderno ha leggi
ben diverse da quelle che lo animavano ai tempi della “vecchia”
GTA di qualche decennio addietro (che, inoltre, era una coupè e non
una berlina, con tutto ciò che questo comportava in termini di
massa e dotazioni). Della sigla “GTA”, pertanto, l’Alfa sentì
soprattutto di voler rievocare lo spirito e l’anima, un obiettivo
centrato in pieno, non c'è dubbio.

|

|
L’avventura
commerciale della 156 GTA iniziò nell’aprile 2002 (unitamente
all'arrivo di una leggerissima ristilizzazione di tutta la gamma
156), quando questa Alfa entrò in listino al non indifferente
prezzo di ben 44.051 euro, un prezzo senza dubbio elevato, anche se
i contenuti tecnici apparivano subito di indubbio valore; per la
Sportwagon GTA (dotata di meccanica identica a quella della
berlina), il prezzo saliva a 45.551 euro.
Dal
punto di vista meccanico, il propulsore prescelto fu un classico
della produzione Alfa del tempo: si trattava del ben noto Alfa Romeo
6 cilindri a V di 60° con 24 valvole, caratterizzato però da
alcune mirate modifiche in diversi comparti.
Innanzitutto,
la cilindrata era passata da 2959 a 3179 cc grazie
all’allungamento della corsa (da 72,6 a 78 mm); a ciò si
aggiungeva l’adozione di nuovi condotti di aspirazione e di
scarico, di una distribuzione rivista in molti dettagli, di un
diverso impianto di raffreddamento (con l’adozione di un radiatore
anche per l’olio motore) e, ovviamente, di una nuova mappatura
della gestione elettronica. La potenza massima saliva così da 220 a
250 cv, erogati a 6200 giri/min., mentre il valore di coppia massima
cresceva da 265 Nm (disponibili a 5000 giri/min.) a 300 Nm
(disponibili a 4800 giri/min.).

|
Il
cambio manuale (ma la GTA era disponibile anche con il cambio
robotizzato Selespeed), opportunamente irrobustito insieme con la
frizione, era a 6 rapporti. Anche l’assetto, ovviamente, era stato
rivisto in funzione delle maggiori sollecitazioni, ma comunque, dal
punto di vista autotelaistico, la base di partenza era già
eccellente perché l’avantreno a quadrilateri alti e il retrotreno
McPherson “evoluto” (modificato cioè nella struttura, nei
materiali e nei punti di collegamento alla scocca) rendevano già
una semplice 156 1.6 Twin Spark piacevolissima da guidare.

|
Il
sistema "a quadrilatero" deriva il suo nome dal fatto che
i bracci della sospensione, nel collegarsi alla ruota, disegnano
proprio la forma di una figura geometrica a quattro lati. Questo
schema di sospensione (direttamente derivato dagli schemi adottati
dalle vetture da competizione) ha il vantaggio di permettere di
governare perfettamente i movimenti delle ruote in qualsiasi
condizione di marcia e di fondo stradale. La sua funzione è quella
di controllare i differenti gradi di inclinazione che la ruota
assume durante le corse di molleggio, con l'obiettivo di mantenere
la ruota sempre perpendicolare rispetto alla strada, permettendo così
al pneumatico di lavorare sempre in condizioni ideali, cioè con una
ampia e costante superficie di aderenza al terreno, a tutto
vantaggio della tenuta in curva. Inoltre, lo schema a quadrilatero
lascia alla ruota una libertà controllata di movimenti nel senso di
marcia, movimenti che riducono al minimo gli effetti causati dalle
asperità del terreno e dalle brusche accelerazioni e frenate
effettuate dal guidatore. Alla ruota, quindi, è permesso di
"arretrare" in modo tale da smorzare le reazioni prodotte
dalle irregolarità del fondo stradale, senza però indurre
variazioni di traiettoria, permettendo così di conciliare sempre la
tenuta di strada con il comfort. Nonostante tutto questo, comunque,
scaricare sull'asfalto 250 cv con una trazione anteriore non è cosa
di tutti i giorni. Proprio per questo, i tecnici Alfa erano
intervenuti sull’avantreno con una traversa inferiore rinforzata e
con l’adozione di montanti ruota specifici, di una barra
stabilizzatrice maggiorata e di molle e ammortizzatori con
differente taratura; a ciò si aggiungevano tante altre piccole
raffinatezze, come per esempio le tenute in teflon per gli stantuffi
degli ammortizzatori oppure boccole e guarnizioni rinforzate. Al
retrotreno, si era scelto di adottare nuove molle e nuovi
ammortizzatori, un nuovo ancoraggio per la barra stabilizzatrice,
nuove boccole rinforzate per i bracci e per la traversa: tutto
questo permise di guadagnare camber negativo in curva, in modo tale
da inclinare impercettibilmente gli pneumatici verso l’interno
(come sulle auto da competizione), allo scopo di aumentare il grip
laterale. Il tutto poggiava poi su
4 cerchi da 17" con canale da 7 e mezzo e pneumatici 225/45. I
tecnici Alfa, inoltre, avevano lavorato anche sulla cinematica dello
sterzo e della scatola guida, ottenendo un comando ancora più
diretto e preciso di quello delle altre 156 (già al vertice della
categoria), un comando definito semplicemente “kartistico” da più
di una rivista: 11,3° di rotazione del volante per 1° di rotazione
delle ruote, contro i 13,7° di rotazione del volante (sempre per 1°
di rotazione delle ruote) delle altre versioni di 156. L’impianto
frenante era da parte sua costituito da quattro dischi (i due
anteriori autoventilati) di generose dimensioni: quelli anteriori
avevano un diametro di 305 mm, quelli posteriori di 276 mm. Per
quanto riguarda le pinze, la scelta della casa era caduta su quattro
Brembo a doppio pistoncino (fisse all’avantreno, flottanti al
retrotreno): il tutto era condito dall’ABS a 4 sensori di segnale
e a 4 canali di regolazione e dal ripartitore EBD. Sul fronte
elettronico era presente anche l’antipattinamento ASR, tarato però
per una guida sportiva: ciò vuol dire che il sistema finiva col
lasciare una amplissima libertà d’azione al pilota, tagliando
potenza al motore o agendo leggermene sulle pinze dei freni solo
quando ciò risultava davvero necessario, cioè in situazioni
realmente critiche e agli estremi confini delle leggi della fisica.
L’ASR, inoltre, comprendeva ovviamente la funzione MSR che evitava
il bloccaggio delle ruote nel caso di brusche scalate di marcia. Per
ogni eventualità, comunque, l’ASR era sempre disinseribile agendo
su un apposito tasto collocato sul tunnel dell’abitacolo. A
completamento di questo quadro, ecco qui di seguito un doveroso
riferimento alle più importanti dotazioni al momento del lancio.

|

|
La
156 GTA era equipaggiata di serie con:
-
ABS
-
EBD
-
ASR
-
6
airbags (guida, passeggero, laterali, finestrini)
-
alzacristalli
elettrici
-
antifurto
immobilizer
-
antifurto
volumetrico con telecomando
-
autoradio
con lettore CD e impianto Hi-Fi Bose a 6 altoparlanti
-
bracciolo
posteriore con sacca portasci
-
cerchi
in lega leggera da 17"
-
chiusura
centralizzata con telecomando
-
climatizzatore
automatico bi-zona
-
comandi
radio al volante
-
computer
di bordo
-
fendinebbia
-
lavafari
-
pack
inverno
-
regolazione
elettrica dei sedili anteriori
-
sedile
posteriore sdoppiato 60/40
-
sedili
sportivi in pelle
-
servosterzo
-
sistema
Connect
-
specchi
retrovisori elettrici termici
-
volante
(in pelle) regolabile assialmente e in altezza.
Dal
punto di vista strettamente prestazionale, l'Alfa
Romeo dichiarava per la sua creatura i 250 km/h di velocità di
punta e un'accelerazione da 0 a 100 km/h in 6.3 secondi, valori
sostanzialmente confermati dalle varie prove su strada: QUATTRORUOTE
rilevò infatti una velocità massima di 248,491 km/h e
un'accelerazione 0-100 km/h in 7 secondi netti; AUTO rilevò una
velocità di 249,4 km/h e uno scatto da 0 a 100 km/h in 6.4 secondi;
AUTOMOBILISMO, da parte sua rilevò i 250,7 km/h di velocità
massima e sempre un tempo di 6.4 secondi per coprire lo scatto da 0
a 100 km/h.

|
Fin
qui i freddi numeri, a dir poco ottimi. Verrebbe allora da chiedersi
da cosa poterono nascere le iniziali diffidenze (in realtà ben
presto dimenticate...) da parte di alcuni. Si
può dire che alla base di tutto vi fu proprio la prova su strada
svolta dal mensile QUATTRORUOTE da cui, per la verità, la 156 GTA
venne apprezzata moltissimo per le sue doti dinamiche, con un
giudizio che d'altra parte fu pienamente condiviso anche da tutte le
altre riviste del settore. Il problema, allora, nacque più che
altro dal fatto che probabilmente QUATTRORUOTE aveva mancato di
approfondire qualche importante dato. Ma
è meglio andare con ordine.

|
A
metà degli anni Novanta, al momento di pensionare la 155 per dare
vita alla 156, il Gruppo Fiat aveva fatto l'errore strategico di
mettere a punto per la nuova berlina Alfa di classe media un pianale
quasi interamente nuovo e caratterizzato da grandi doti in termini
di rigidità torsionale, ma avente il grande limite di essere pronto
ad accogliere esclusivamente una trazione che non fosse diversa da
quella anteriore: un pianale, cioè, che - per accogliere gli organi
meccanici di un tipo differente di trazione (posteriore o integrale)
- avrebbe dovuto essere profondamente modificato in più parti.
L'errore principale fu quello di non prevedere sin da allora la
realizzazione di una berlina sportiva con altissimi livelli di
potenza. Le moderne trazioni
anteriori, d'altra parte, se accoppiate ad avantreni e retrotreni
dalla geometria sofisticata, raggiungono livelli di stabilità e
tenuta sconosciuti alle trazioni posteriori e qualunque prova su
strada di qualunque rivista specializzata può confermare questa
affermazione. Questo, però, può valere sino a certi livelli di
potenza, varcati i quali entra in gioco l'unico vero limite fisico
tipico della trazione anteriore: la non ottimale aderenza delle
ruote motrici in fase di forte accelerazione. Ebbene, sotto questo
aspetto, la 156 GTA giocava appunto sul filo del rasoio, erogando
una potenza (250 cv) intorno alla quale l'uso della trazione
anteriore diventa sempre meno opportuno via via che si sale con i
cavalli. In situazioni limite (come, per esempio, un tornante
affrontato in prima marcia con acceleratore non parzializzato),
anche il raffinatissimo avantreno della GTA può essere messo a dura
prova. Attenzione, però.
Perché da qui a dire che la 156 GTA non riuscisse a gestire la
propria potenza ce ne passa! Così
scriveva la rivista AUTO in una prova su strada in cui venivano
messe a confronto la 156 GTA e la Golf R32: "La 156 GTA, sulla
carta, in un certo senso parte svantaggiata perché deve scaricare a
terra 250 cv con le due sole ruote anteriori, mentre i 241 cv della
Golf vengono trasmessi al suolo attraverso tutte e quattro le ruote.
Ma le congetture elaborate prima di mettersi al volante delle due
sportive si rivelano errate non appena vengono aggredite un paio di
curve. La GTA, ben curata e ottimizzata d'assetto, riesce a
scaricare tutta la cavalleria senza troppi problemi, anche
disinserendo l'ASR. Ovvio che un tornante da prima marcia mette a
dura prova l'avantreno a quadrilatero alto della 156, specie se il
piede destro rimane piombato sul gas e non si dosa a dovere
l'acceleratore. Ma adottando una guida pulita, e quindi più
redditizia, diventa tremendamente efficace. Soprattutto in
inserimento in curva, grazie allo sterzo da kart e alla tendenza del
retrotreno ad accompagnare il muso dentro le curve, con un
progressivo sovrasterzo gestibile con facilità. Insomma,
l'impressione è che la GTA sia un po' più reattiva e dinamica
rispetto alla Golf, lasciando trasparire quindi un lavoro più
approfondito di messa a punto dell'assetto".

|

|
Premesso
tutto questo, si può dire che la critica più aspra rivolta alla
156 GTA fu in realtà quella nata dal confronto che QUATTRORUOTE
presentò tra i dati di handling della GTA e quelli della Bmw 330d,
dati rilevati sulla pista di Vairano (PV): infatti, la
156 GTA aveva coperto un giro completo di pista in 1' 28" 661,
mentre la 330d aveva fermato il cronometro sul tempo di 1' 27"
890. In definitiva, uno svantaggio sul giro, della GTA rispetto alla
330d, pari a 0.771 secondi.

|
Ciò
che però QUATTRORUOTE mancò di far notare nel proprio commento ai
risultati della prova fu in primo luogo che quella 330d non era
propriamente di serie (al contrario della 156 GTA che era
strettamente di serie), ma era equipaggiata con cerchi da 18",
pneumatici 255/35 sulle ruote motrici e, per di più, assetto
ribassato. Anche volendo tralasciare l'apporto comunque fondamentale
dell'assetto, chiunque abbia un minimo di conoscenza in materia è
in grado di capire quanto grande sia l'incidenza dell'adozione di
pneumatici con sezione 255 in luogo dei 205 passati di serie dalla
Casa tedesca. E allora, direbbe qualcuno, la domanda sorge
spontanea: se avessimo affiancato una 330d e una 156 GTA nude e
crude come la Casa li prevede (gommatura e assetto di serie), non
avremmo forse assistito a un ribaltamento di fronte? Una 330d con
assetto di serie e pneumatici 205/50 avrebbe ancora inflitto
"ben" 7 decimi all'assetto della GTA e ai suoi pneumatici
225/45?

|
Ma
quel confronto risultava essere viziato anche da un altro dato
tutt'altro che trascurabile: la 330d era una diesel sovralimentata e
ciò non poteva che giocare ad estremo favore della vettura tedesca,
considerate le caratteristiche tecniche e funzionali della pista di
collaudo di QUATTRORUOTE, una pista tutta "misto-lento",
un percorso che la rivista stessa definiva "tracciato
tortuoso", insomma un tipo di pista in cui fondamentali non
sono tanto i cavalli di cui si dispone, bensì i regimi ai quali
questi cavalli sono ripartiti. In altre parole, in quella pista, più
della potenza contava la coppia. Morale: su quel tracciato i 90 Nm
di coppia in più della 330d, per di più disponibili già a 1750
giri (parliamo infatti di un turbodiesel common rail 3000cc con 390
Nm di coppia massima), erano in grado di fare la differenza nei
confronti di una vettura (la 156 GTA) che restava pur sempre una
vettura con motore aspirato e non sovralimentato e che, quindi,
poteva disporre in pieno dei suoi 300 Nm di coppia massima solo a
4800 giri. Chi scrive, ha avuto la possibilità di girare per un bel
po' con la 156 GTA sul velocissimo tracciato di Pergusa (EN) e la
precisione e la sensazione di sicurezza in inserimento e appoggio
che questa Alfa riesce a trasmettere al suo guidatore sono
difficilmente traducibili in parole.

|
Da
tutto quanto scritto sino a questo punto, si capisce bene perché
quelle iniziali diffidenze nei confronti della 156 GTA lasciarono
ben presto il posto ad incondizionati e generalizzati apprezzamenti.
Scriveva AUTOMOBILISMO nella sua prova su strada della 147 GTA,
vettura tecnicamente speculare rispetto alla 156 GTA e per la quale
valgono in pieno le stesse considerazioni fatte in questo speciale
dedicato alla sorella maggiore: "Se si tralasciano gli
inevitabili pattinamenti in uscita dai tornanti da seconda marcia
quando si sceglie di disattivare il sistema elettronico della
trazione (tenerlo in funzione sarebbe un po' come mettere la
museruola a un ghepardo pronto ad aggredire la preda), guidare
questa 147 sul misto è davvero un piacere, a partire da un motore
con una coppia degna di un turbodiesel dell'ultima generazione ai
bassi regimi ma altrettanto propenso a spingere con vigore finché
l'ago del contagiri non sfiora i 7000 giri, passando per uno sterzo
preciso e diretto quasi come quello di una monoposto, per un
avantreno fedele come un cane da caccia nel seguire i comandi
impartiti dal padrone (pardon, guidatore), per un retrotreno che
sembra quasi incollato a terra con il Bostik tanto è stabile nei
trasferimenti di carico più bruschi e per una tenuta di strada che
mette a dura prova la resistenza dei fianchetti dei sedili
avvolgenti sotto la spinta delle incontenibili accelerazioni
laterali di cui la GTA è
capace".

|

|
Nata
nell'aprile 2002, la 156 GTA rimase completamente immutata durante
tutto l'arco della sua vita commerciale, non venendo neanche
minimamente interessata dalla profonda ristilizzazione che nel 2003
interessò tutto il resto della gamma 156 e, in definitiva,
continuando a brillare di luce propria sino all'uscita dai listini.
A ben pensarci, fu meglio così: era un'auto troppo emozionante e
coinvolgente per poter essere anche solo leggermente ristilizzata. E
forse qualcosa di simile dovettero
aver pensato pure gli uomini di QUATTRORUOTE che, nel consueto
giudizio sintetico di fine prova, riferendosi alla 156 GTA e
all'Alfa Romeo, titolarono: "Sanno costruire ancora auto
meravigliose".
|