Perché
l'ho comprata.
Questa
155 è stata fortemente voluta e tanto cercata. Sin da quel
febbraio 1992 in cui leggevo e assaporavo sulla stampa le sue
prime prove su strada, la 155 è stato sempre un modello che mi ha
attirato e incuriosito tantissimo. Poi, si sa, gli anni passano,
nuove auto arrivano sul mercato, e così finisce che me ne sono
quasi dimenticato. Per quasi vent'anni. Poi, all'improvviso, la
fiammata. Era il 2011. Un giorno noto una bella 155 posteggiata in
strada: molto ben tenuta, inizio a guardarla insistentemente, i
ricordi affiorano prepotenti. Se vogliamo, fu un atto di (lucida)
follia: dar via una mia auto fresca, recente, efficiente e
pressoché perfetta per poi mettersi alla ricerca di una 155 di
circa quindici anni da usare tutti i giorni, una 155 con motore
rigorosamente Twin Spark 16v, la famiglia di propulsori Alfa Romeo
che enormi soddisfazioni mi aveva già dato sino a quel momento e
che avevo imparato ad amare alla guida di altre mie Alfa. Dalle
parole ai fatti il passo è stato brevissimo: venduta praticamente
d’istinto la mia "vecchia nuova" auto, ho iniziato a
scandagliare il web alla ricerca di una 155 in buone condizioni e
con pochi chilometri. Dopo qualche settimana e parecchie
delusioni, ne adocchio una in un noto sito di annunci on-line di
automobili. Ma è lontana... In un'altra città... In un'altra
regione... Ad una latitudine molto diversa dalla mia. Però il
dado è tratto e, del resto, i chilometri non mi hanno mai
spaventato e ne ho sempre percorsi tantissimi: dunque, dopo un
breve scambio di telefonate col proprietario, decido di mettermi
alla guida e di andarla a toccare con mano. Il resto è storia:
pagando una somma (3700 euro + passaggio di proprietà) con la
quale avrei avuto qualche problema ad acquistare nuovo persino uno
scooter, mi sono regalato una 155 1.8 Twin Spark 16v 140cv del
1997, in allestimento L, colore Rosso Proteo Metallizzato e con
appena 45.000 km all'attivo. Quel giorno, sono ringiovanito di
vent'anni.
Gli
interni.
Come
pure per tutte le altre Alfa progettate fino a tutti gli anni
Novanta, non è corretto dire che si sale a bordo: pure in questa
155, infatti, si “scende a bordo”. Auto pensate soprattutto
per essere guidate, mantenendo dal suolo la minore distanza
possibile. Ad accoglierti trovi un sedile guida comodo eppure
anche ben sagomato, ampio eppure anche tale da sentirtelo subito
cucito addosso, molto ben studiato anche per quanto riguarda il
posizionamento del bracciolo (reclinabile) centrale: raramente ho
trovato un bracciolo così morbido, ben collocato e, in
definitiva, comodo come questo. Inizi a cercare le regolazioni e
le trovi lì, subito a portata di mano, a sinistra e parallele al
piano di seduta: le regolazioni elettriche erano un optional che
nel 1997 pagavi sulla 155 poche decine di migliaia di lire oltre
il milione, ma – a ben vedere – non se ne sente poi tutto
questo gran bisogno. Pochi gesti, istintivi e facili: dopo aver
regolato il sedile (in altezza e longitudinalmente),
l’inclinazione dello schienale (invece della leva con posizioni
predefinite, avrei però preferito la classica rotella a passo
continuo!), lo spessore del supporto lombare, l’inclinazione e
l’altezza dei poggiatesta e infine il volante, sei lì, pronto a
partire. Non puoi non notare immediatamente la luminosità
dell’abitacolo e non puoi non chiederti come facessero, sino a
qualche fa, a creare automobili con la linea di cintura alta
eppure anche in grado di assicurarti una grande visibilità
laterale; come facessero, un tempo, a progettare abitacoli tali da
farti stare seduto in basso eppure capaci di non farti sentire
murato vivo. Ad ogni modo, una volta trovata (in modo rapido e
intuitivo) la migliore postura di guida, impugni il bellissimo
volante in legno (di qualità straordinaria) che all’epoca era
una accessorio fornito dalla Casa a caro prezzo: bellissimo nel
suo disegno a tre razze, era disegnato e costruito per l’Alfa
Romeo dalla Nardi, storica azienda produttrice di volanti
sportivi, e spicca per la sua finitura eccellente e per
l’impugnatura assolutamente perfetta in qualunque condizione di
guida. Questo volante è un dettaglio che, ben studiato e
perfettamente integrato nello stile del resto della plancia,
impreziosisce non poco l’abitacolo; ma è benefico anche sul
piano più propriamente tecnico, perché – in quanto
caratterizzato da un diametro di due centimetri più ridotto
rispetto al volante di serie – diminuisce la demoltiplicazione
del volante rispetto alle ruote, regalando un comando leggermente
più diretto di quello previsto in origine: insomma, un optional
che appaga l’occhio e pure il piacere di guida. Dietro al
volante, trovi un bel cruscotto, contenente i sei strumenti di
forma semisferica che assicurano un livello d’informazione
decisamente elevato: oltre ai tradizionali tachimetro e contagiri,
trovi l’indicatore del livello del carburante, il termometro del
liquido refrigerante, il manometro dell’olio motore e il
termometro dell’olio motore. Il tutto assistito da una batteria
di spie davvero completissima. Da segnalare, ovviamente,
l’assenza di qualunque display digitale: tutte le indicazioni
(comprese quelle dei chilometraggi totale e parziale) vengono
fornite da strumenti analogici: scendendo da un’auto di oggi, la
cosa può all’inizio disorientare un po’ (almeno nel mio caso
fu così!), ma posso assicurare che basta poco tempo, pochissimo,
per prenderci gusto. La plancia ha uno stile che mi ha sempre
fatto impazzire: lineare e molto pulita, eppure tutt’altro che
scialba e anonima. Ben orientata verso il pilota, è idealmente
strutturata su tre livelli, utilizzando materiali morbidi nella
sua parte superiore e in quella intermedia, materiali rigidi nella
sua parte inferiore. Una cosa è però sicura: complice anche la
bella consolle (caratterizzata da una gradevole finitura
superficiale in materiale morbido) che ospita i comandi digitali
(con relativi display) del clima totalmente automatico, la plancia
non appare mai sottotono e non trasmette mai un’idea di povertà.
Caso mai, un po’ sottotono risultano alcuni assemblaggi nella
zona della consolle (precisamente, l’accoppiamento tra il
pannello dei controlli del clima e le pareti laterali della
consolle), a causa di accostamenti con “luci” decisamente
troppo ampie e di ancoraggi che potrebbero essere meglio
realizzati; nulla da segnalare, invece, per quanto riguarda
l’assemblaggio di tutto il resto della plancia, privo di
sbavature o imprecisioni. Ampio, regolare e ben sfruttabile il
cassetto portaoggetti (molto ben illuminato e dotato di serratura
con chiave) dinanzi al passeggero anteriore, coadiuvato da una
serie di altri comodi ripiani o vani ricavati nella parte
superiore della plancia, nei pannelli porta e alla base della
consolle. Naturalmente, gli abitacoli di molte auto attuali
offrono di più sotto questo preciso aspetto, ma non si può
negare che la 155 si difenda ancora piuttosto bene. Se c’è una
cosa su cui recriminare, invece, è senz’altro la posizione
dell’autoradio, sistemata alla base della consolle, in posizione
non facilmente raggiungibile; intendiamoci, dopo un po’ ci si fa
l’abitudine e, prendendo dimestichezza coi comandi, si diventa
capaci di manovrarli senza distogliere troppo gli occhi dalla
strada, ma è innegabile che la collocazione dell’autoradio sia
errata (fatto aggravato dall’assenza dei comandi al volante a
cui ormai tutte le auto recenti ci hanno abituato). Tra l’altro,
sempre a proposito di impianto stereo di serie (il concetto di
infotainment era ancora, nel 1997, ben lungi dall’imporsi e dal
diventare determinante nelle scelte e nella vita degli
automobilisti!), c’è da segnalare la sua buona resa: quattro
woofer (i due anteriori posizionati agli angoli della parte
superiore della plancia e i due posteriori alloggiati nella
cappelliera) e due tweeter correttamente orientati non basteranno
certo a fare la felicità degli appassionati del settore, ma si
dimostrano ancora oggi all’altezza della situazione. Eccellente,
poi, la raggiungibilità e la logica di funzionamento dei comandi
dell’impianto di climatizzazione, del tipo con gestione
automatica di temperatura, potenza e orientamento dei flussi; ben
posizionate e ampiamente regolabili tutte le bocchette del clima,
presenti anche nella parte posteriore dell’abitacolo (due sotto
i sedili anteriori e una sul tunnel centrale). Di fattura ottima i
pannelli porta, ampiamente ricoperti in morbido tessuto trapuntato
e ben studiati quanto a ergonomia e assemblaggi: ospitano in
posizione ottimale i pulsanti dei quattro alzacristalli elettrici,
con quelli degli alzacristalli posteriori replicati sul tunnel
(immediatamente a sinistra della leva del freno a mano); lo stesso
tunnel ospita anche il pulsante di azionamento dei fendinebbia
anteriori e il pulsante del blocco di sicurezza degli
alzacristalli posteriori, mentre il cursore di regolazione degli
specchi retrovisori esterni elettrici termici è alloggiato sul
pannello porta del guidatore. In definitiva, tutto è ben a
portata di mano, compresi i comandi posizionati nelle leve
multifunzione del devioluci che, dopo un
breve
periodo di “apprendistato”, diventano molto intuitive:
la leva di sinistra comanda quasi tutte le luci esterne, compreso
il retronebbia (i fendinebbia anteriori, invece, si accendono con
un apposito pulsante collocato sul tunnel, poco più avanti della
leva del freno a mano); la leva di destra comanda tutto quanto
attiene alla pulizia e allo sbrinamento dei cristalli (compreso,
quindi, il lunotto termico e lo sbrinamento degli specchi
esterni). E, a proposito di pulizia dei cristalli, piuttosto
flessibile è la logica di funzionamento dei tergi anteriori: due
step di velocità continua e due step di intermittenza, oltre
naturalmente alla battuta singola e alla funzione di lavacristallo
intelligente. Quindi, decisamente tutto bene,
al di fuori – come già detto – dell’autoradio, del
comando di regolazione elettrica dell’altezza dei fari
(sistemato a sinistra del volante ma troppo in basso) e
dell’hazard, quest’ultimo (stranamente non illuminato, al
contrario di qualunque altro pulsante e pulsantino
dell’abitacolo!) collocato sopra il piantone del volante, in
posizione difficilmente raggiungibile dal pilota e, ancor di più,
dal passeggero anteriore. Rifinito con estrema cura è il cielo
dell’abitacolo, ben imbottito e morbidamente rivestito con un
panno gradevolissimo al tatto e alla vista: accurata anche la
realizzazione delle plafoniere delle luci interne, con quella
anteriore sdoppiata (luce principale e spot orientabile di
lettura). Di buon livello pure gli assemblaggi delle coperture di
tutti i montanti, con quelli B che ospitano cinture di sicurezza
regolabili in altezza. Ma, in generale, è un po’ tutto
l’abitacolo che appare realizzato con una certa cura: proprio
per questo, stonano ancor di più alcune leggerezze come un paio
di viti in vista (ma c’è da dire che questo, al momento di fare
un po’ di manutenzione fai-da-te, si trasforma in una valida
mano d’aiuto!) o gli allineamenti perfettibili della consolle o
ancora alcune parti dei rivestimenti dei sedili anteriori che,
nella parte bassa della faccia posteriore dello schienale
presentano cuciture un po’ grossolane. Infine, due brevi
annotazioni curiose, una negativa e una positiva. La negativa:
impossibile disattivare a piacimento le plafoniere
dell’illuminazione interna (una volta sbloccate le porte con la
chiave di avviamento estratta o in posizione stop, rimangono
necessariamente accese fin quando il temporizzatore non le
spegne). La positiva: oggi sono quasi del tutto scomparse dal
panorama automobilistico, ma le tendine parasole avvolgibili e
perfettamente integrate nella cappelliera (quando sono abbassate,
impossibile rendersi conto della loro esistenza!) si sono
rivelate, in più di una occasione, un toccasana per il confort di
viaggio dei passeggeri posteriori. Altra soluzione semplice, ma
assai pratica e comoda, è la presenza del cosiddetto sportello
porta-sci, nascosto dietro il bracciolo centrale (anche lui
comodissimo come quello anteriore!) del divano posteriore e che
– com’è noto – mette in comunicazione l’abitacolo col
bagagliaio, consentendo il trasporto di oggetti molto lunghi. E, a
proposito di bagagliaio, non si può che tesserne le lodi più
sincere: coi suoi 525 dm3, con quella sua forma così regolare e
con una bocca di carico incredibilmente ampia, è capace di
contenere di tutto.
Alla
guida.
Lo
sportello si chiude con un tonfo sordo e pieno: sembra sul serio
che gli anni (anzi, i decenni!) e i chilometri (ad oggi, 170.000)
non siano passati. Il mondo, con tutti suoi sistemi elettronici di
assistenza alla guida, resta lì fuori. Qui, di elettronico, c’è
giusto l’indispensabile: una centralina Bosch Motronic M2.10.4 a
gestire iniezione e accensione attraverso i segnali ricevuti da
otto sensori sparsi in giro per il motore e per i suoi accessori
esterni, un impianto ABS a quattro canali e quattro sensori + EBD
a regolare la frenata. Nient’altro. Radar, telecamere, lettori
infrarossi, automatismi e sistemi vari di guida autonoma li ho
lasciati fuori il giorno in cui ho deciso che quell’auto, di cui
molti anni prima mi ero divertito a leggere le prove su strada,
poteva diventare la compagna fedele sulle strade di tutti i
giorni. Proprio così, qui non c’è neanche una centralina body
che dirige e regola i rapporti tra la strumentazione di bordo e il
resto delle centraline dell’auto: qui il contagiri riceve ancora
i suoi segnali dalla Motronic che, a sua volta, li elabora in base
ai dati ricevuti da un normale sensore di giri; qui persino
tachimetro e odometro “pescano” i loro segnali, ancora in modo
diretto, dal sensore tachimetrico del cambio che invia i propri
dati (sdoppiandoli) a Motronic e cruscotto strumenti, su due linee
separate. Insomma, niente nodo body, niente linee CAN, niente di
niente. Tutto questo, ovviamente, lo sapevo già quando ho
staccato l’assegno. Per meglio dire: quando ho staccato
l’assegno, l’ho fatto per tutto questo. Volevo tornare a
trascorrere almeno qualche altro anno della mia vita
automobilistica a bordo di un’auto che odorasse ancora di
meccanica e di strada, un’auto che fosse stata ancora frutto di
pazienti messe a punto come solo i “vecchi” motori aspirati
sapevano essere, un’auto in cui motore, aspirazione,
alimentazione, scarico e assetto non fossero più delle nozioni
astratte in cui credere fidandoti dogmaticamente di levette,
settaggi e disegnini colorati sul touchscreen
a centro plancia. In due parole: volevo un’auto che mi
trasmettesse intatte le ruvidità dell’asfalto e i suoni della
meccanica, un mezzo per tutti i giorni che però mi facesse
ritornare la voglia di sporcarmi le mani per fare un po’ di
ordinaria manutenzione in una domenica mattina di pioggia. Questo
cercavo, questo ho trovato. Se tutto questo volevo tornare a
provarlo, allo stesso tempo desideravo però alcune certezze di
base. Avevo già in garage altri Twin Spark 16v, li conoscevo,
sapevo bene di cosa fossero capaci e, dunque, era uno di loro che
volevo avere lì d’avanti tutti i giorni. Alla fine, la scelta
è caduta su questo bel 1.8 di 1747 cc, anch’esso dotato (come
tutti i propulsori della stessa famiglia: 1.4, 1.6, 1.8 e 2.0) di
distribuzione con doppio albero a cammes in testa, quattro valvole
per cilindro e punterie idrauliche, variatore di fase
elettro-idraulico lato aspirazione, un iniettore e due candele al
platino (da sostituire ogni 100.000 km) per ogni cilindro e una
bobina dedicata ad ogni singolo cilindro. In questa edizione del
1997 (ancora priva dei condotti d’aspirazione a geometria
variabile che sul Twin Spark 16v 1.8 sarebbero arrivati appena
qualche mese più tardi, con l’impianto di iniezione/accensione
Bosch Motronic M1.5.5), eroga una potenza massima di 140 cv a 6300
giri/min e una coppia massima di 165 Nm a 4000 giri/min. Nella
famiglia di propulsori Twin Spark 16v, la variante da 1,8 litri
rappresenta il punto di partenza da cui poi sono discesi gli altri
tre propulsori: quattro motori, strutturalmente identici, con le
medesime geometrie e con le stesse caratteristiche di base,
adattati alle quattro diverse cilindrate variando la corsa dei
pistoni. Ecco allora che si capisce bene perché il 1.8 sia un
motore perfettamente quadro, in cui cioè la corsa dei pistoni
(82,70 mm) e il loro diametro (82 mm) si equivale. In concreto,
tutto si traduce in eccellenti doti di elasticità e rapidità nel
guadagnare gli alti regimi: magari non sarà così rapido e
graffiante come lo straordinario Twin Spark 1.4 (che è un
super-quadro, caratterizzato da una corsa del pistone cortissima
rispetto all’alesaggio: 64,87 x 82 mm), ma lascia comunque
immutato il piacere degli allunghi adrenalinici e fuori dal comune
che solo questa famiglia di motori riusciva a regalare. E la
parola “allungo”, in questa circostanza, non è gettata lì a
caso, perché gli alti regimi, qui, sono veramente alti: questo
motore, con il limitatore piazzato a 7400 giri/min, ha una capacità
di allungo rara oggi ancora più di ieri, considerato che viviamo
(e vivremo sempre più) in un epoca fatta di turbine e
sovralimentazioni. Questo Twin Spark 16v da 1,8 litri sembra non
finire mai, nel senso che “spinge” benissimo in alto senza però
essere per questo fastidiosamente vuoto in basso. Merito
(oltre che della intrinseca natura di un motore “quadro”)
anche del variatore di fase lato aspirazione che, raggiunti i 1600
giri/min, cambia (elevandolo) l’angolo di incrocio delle valvole
(cioè ritarda la chiusura delle valvole di aspirazione) e in
questo modo trasforma il comportamento del propulsore.
Parallelamente, al di sotto dei 1600 giri, il limitato angolo di
incrocio garantisce massima regolarità e fluidità di
funzionamento. Grandi regolarità e fluidità che sono anche
frutto della doppia accensione (Twin Spark, appunto) garantita da
8 candele al platino del tipo “long life” (l’Alfa prescrive
di cambiarle ogni 100.000 km, ma, in realtà, anche dopo 150.000
km si trovano spesso e volentieri in buone condizioni) alimentate
da 4 bobine (come già accennato, una per ogni cilindro). Tra
l’altro, a differenza di quanto avveniva sui precedenti Twin
Spark 8v, qui la doppia accensione è del tipo asimmetrico e asìncrono:
in ogni cilindro, le due candele hanno dimensioni diverse (una più
grande al centro e una più piccola laterale) e scoccano ciascuna
la propria scintilla in momenti diversificati (doppia accensione
asìncrona), riuscendo così a parcellizzare al meglio
l’accensione della miscela, ottimizzandone al massimo la
combustione e contribuendo anche a ridurre sensibilmente le
emissioni inquinanti. Come già detto, su strada tutto si traduce
in una grande capacità del motore di farsi trovare pronto dove e
quando serve. Ovvio, parliamo pur sempre di un propulsore
aspirato: la coppia di un sovralimentato è fuori dalla sua
portata, ma se amate i motori “pieni” e “pastosi” e vi
piace sapere che, quando lo volete, potete inondare i vostri
timpani del suono di un motore che può girare alto fino a 7400
giri/min, allora questo è un motore che può fare al caso vostro.
Decisamente gratificante. Se
- per quanto riguarda il motore - mi sento di parlare di
eccellenza, qualche appunto devo invece fare al cambio. Nel
dettaglio, i rapporti sono ottimamente scalati e pure il rapporto
al ponte lo trovo completamente adeguato: rapporti molto
equilibrati e che ben si adattano all’esuberanza del propulsore,
anche se – forse e volendo proprio fargli le pulci – lo avrei
preferito con un primo rapporto totale leggermente più corto (cioè
con valori più simili a quelli del cambio accoppiato al Twin
Spark 1.4). Ma, in realtà, l’unico aspetto della trasmissione
su cui davvero si può muovere qualche critica è quello della
manovrabilità della leva del cambio. Gli innesti sono molto
precisi e la leva è adeguatamente guidata, ma nei passaggi veloci
si avverte un lieve contrasto (più accentuato a freddo), poco
gradito nella guida veloce: insomma, una leggera “legnosità”,
tipica di tutte le trasmissioni con collegamenti leva-cambio di
tipo rigido, tramite leveraggi e rinvii. La 155 è stata
l’ultima delle Alfa Romeo ad adottare questa soluzione e,
essendo io abituato a Twin Spark 16v accoppiati a trasmissioni con
collegamenti leva-cambio realizzati attraverso cavi flessibili di
tipo Bowden, non ho potuto non notare il divario di efficienza tra
le due soluzioni. Però, sia ben chiaro: non aspettatevi di
trovare una leva del cambio che sembri annegata nel cemento o che
sia necessario manovrare con pinza e martello! Questo
assolutamente no: più semplicemente, la manovrabilità avrebbe
potuto essere più fluida, ma comunque non si può dire che questo
vada ad inficiare il piacere di guida. Nulla
da rimproverare, invece, all’impianto frenante: quattro dischi
(anteriori autoventilanti) con un eccellente ABS a quattro canali
e quattro sensori e con EBD (ripartitore elettronico di frenata).
Dunque, frenata affidabile, ben modulabile e rassicurante, senza
che si vada mai incontro a decadimenti prestazionali
dell’impianto neanche dopo impieghi intensivi lungo percorsi
montani (mai rilevati fenomeni di fading). Qualche parola merita
di essere spesa anche per volante e assetto. Il primo è un
comando con taratura tipicamente sportiva: molto pronto e diretto
(due giri di volante da fondo-corsa a fondo-corsa), è assistito
ancora (e, aggiungo, per fortuna!) da un servosterzo di tipo
idraulico e consegna intatte alle mani del pilota tutte le
sensazioni originate dal fondo stradale, coadiuvato in questo
anche da pneumatici 205/45 montati su cerchi da 7Jx16”. E’
insomma un volante che non soffre di quella artificiosità un
po’ eterea con cui mi sono “scontrato” provando molti
servosterzi elettrici odierni. Il rovescio della medaglia sta nel
non poter disporre di una centralina con quei tre o quattro
settaggi alternativi che i servosterzi elettrici ormai comunemente
ci offrono. Mah, non so: giudicate voi la reale portata di questo
limite. Forse qualcuno potrebbe preferire questo volante un
pizzico più progressivo, ma credo sia questione di gusti: ad ogni
modo, io mi ci sono sempre trovato benissimo e non mi ha mai fatto
rimpiangere nulla. Più che altro, se – ancora una volta –
bisogna proprio essere cavillosi, mi sentirei di dire che è un
volante che magari tende un po’ a “seguire” l’asfalto
quando questo è molto rovinato, trasmettendo qualche reazione di
troppo. Ma, pure in questo caso, non so quanto questo possa essere
sempre un difetto: personalmente, sentire la strada sempre e
comunque, mi rassicura e la cosa non mi ha mai causato chissà
quale sofferenza. Mi soddisfa anche l’assetto, che in questo
caso è quello con taratura sportiva previsto come opzionale dalla
Casa (quattro molle Eibach Pro-kit + barra duomi anteriore). Mai
eccessivamente rigido, esalta il feeling di guida aiutando a
chiudere più rapidamente gli inserimenti in curva, pur non
trasformando l’auto in modo estremo: insomma, si tratta di una
via di mezzo molto equilibrata, sicuramente un po’ più rivolta
alle performance velocistiche che al confort puro, ma non per
questo affaticante per pilota e passeggeri. La guida si rivela
molto appagante anche di notte, grazie a fari anteriori di tipo
lenticolare (o poliellissoidale che dir si voglia), cioè simili
– ne
lla struttura riflettente del gruppo ottico – ai proiettori che
montano lampade allo xeno. E, in effetti, lampade allo xeno (con
annesse centraline), ad un certo punto, le ho montate davvero,
scegliendo una gradazione di 5000 °K (cioè con fascio di luce di
colore completamente neutro): grazie esclusivamente alla struttura
riflettente del faro poliellissoidale, l’effetto e la resa sono
in tutto e per tutto identici ai fari allo xeno offerti di serie
su auto più recen
ti.
Oggi
la ricomprerei?
La
mia 155... Quando è arrivata, già altre Alfa di ieri e
dell'altro ieri sonnecchiavano da parecchi anni dentro il mio
garage. Auto a cui tenevo e tengo tantissimo, ma che - forse
proprio per questo - ho sempre evitato di buttare nella mischia
della quotidianità, fatta di fretta e gare contro il tempo, di
traffico, di parcheggi veloci e di intemperie. Per l'asfalto delle
strade di ogni giorno avevo sino a quel momento usato auto ben più
recenti. Sino a quando ho fatto un'inversione di 180 gradi,
acquistando appunto questa 155. Non me ne sono mai pentito, anzi!
Più passa il tempo e più mi rendo conto di avere fatto la cosa
più giusta che potessi fare. Me ne rendo conto mentre la guido e
me ne rendo conto anche tutte quelle volte in cui mi capita che il
benzinaio durante un rifornimento, il carabiniere durante un
controllo o il semplice passante mentre parcheggio si fermano a
guardarla, iniziano a chiacchierare con me dell'auto, si
complimentano. Quando l'ho presa, non l'avrei mai immaginato, ma
davvero questa 155 cattura oggi gli sguardi, accende i ricordi,
rinfocola la passione per i motori. A chi, in questi anni, mi ha
chiesto il perché del mio insolito gesto (vendere un'auto nuova e
con pochi chilometri per acquistarne una "vecchia" da
usare tutti i giorni!) ho sempre scherzosamente risposto che
questa 155 è un po' la mia personale lotta contro l'omologazione
delle auto attuali, tutte grigie o bianche, tutte turbodiesel o
benzina “turbosoft”, tutte traboccanti di touchscreen e ausili
elettronici della guida, tutte così silenziose da sembrare finte
e prive di un motore a scoppio, tutte standardizzate e tutte prive
di una spiccata personalità. E allora, la ricomprerei? Sì, ma
non una... La ricomprerei cento altre volte. Spero di poterla
continuare ad usare come auto di tutti i giorni ancora per qualche
anno. Poi, si vedrà: al momento, non riesco ancora ad immaginare
cosa potrei guidare ogni giorno al posto suo.
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