Perché
l'ho comprata.
La
146 (una 1.4 Twin Spark 16v L, colore metallizzato Blu Atollo) mi
è stata consegnata il 4 giugno 1999, dopo averla attesa per
esattamente un mese dalla firma del contratto di acquisto. Dalle
ricerche successivamente effettuate presso il Centro
Documentazione Alfa Romeo, si tratta di un esemplare uscito dalla
linea di montaggio dello stabilimento di Pomigliano d'Arco (NA)
precisamente il 25 maggio 1999. Ricordo ancora benissimo il giorno
della consegna e, soprattutto, ricordo il momento in cui il
venditore sollevò il telo rosso che la copriva (con su stampato
un grande logo Alfa Romeo in corrispondenza del motore). Alla 146
arrivai un po’ per caso e un po’ per convinzione. Per caso,
perché, alcuni mesi prima, la mia 33 (una terza serie a
carburatori del 1992) era andata purtroppo completamente distrutta
in un brutto incidente: probabilmente, senza quell’incidente non
avrei pensato di cambiare in quel periodo la 33 e quindi non sarei
mai salito a bordo della 146 (e oggi credo sarebbe stato un
peccato). Ma anche per convinzione, perché dopo aver fatto il
normale giro di concessionarie e modelli vari, arrivai alla
conclusione che la fastback dell’Alfa Romeo, con quel suo
frontale accigliato e “felino”, quella coda alta e così
tipicamente Alfa e quel suo Twin Spark 16v lì d’avanti, era
l’unica che ancora riusciva a trasmettermi un’emozione
autentica. Scartata, invece, sin da subito la 145, per via delle
sole tre porte e per la mancanza di quell’accenno di terzo
volume a cui la 33 mi aveva così ben abituato. Ancora oggi, a
distanza di tanti anni, sento di poter dire di aver fatto una
scelta eccellente. L’auto ha percorso appena 37.000 chilometri
(la uso di rado e per puro svago) ed è, in pratica, pari al nuovo
in tutti i suoi aspetti (interni, esterni, meccanica).
Gli
interni.
Trattandosi
di una terza serie (Model Year 1999), questa 146 capitalizza tutta
l’esperienza delle due serie precedenti, correggendo alcune loro
piccole mancanze. Già dalla seconda serie (Model Year 1997), il
modello aveva ricevuto sostanziali aggiornamenti negli interni,
aggiornamenti per lo più concentrati nella consolle centrale
(sempre orientata verso il pilota), nei pannelli porta e nel
tunnel che corre tra i due sedili anteriori: un nuovo impianto di
climatizzazione (non più manuale, ma semi-automatico), una nuova
struttura e una nuova disposizione delle bocchette di
ventilazione, una diversa ergonomia del tunnel centrale
(soprattutto per quanto riguarda la disposizione del comando degli
specchi elettrici termici), nuovi rivestimenti su pannelli porta e
cielo dell’abitacolo, oltre – ovviamente – a rinnovati
rivestimenti sui sedili. In più, nel 1999, erano poi arrivati
anche il rivestimento della consolle color legno e alcuni dettagli
cromati (le leve per l’apertura delle porte, il pulsante di
sgancio del freno a mano, le cornici degli strumenti del cruscotto
e le cornici delle bocchette di ventilazione). Avendo acquistato,
alcuni anni dopo questa 146, anche una 145 1.6 IE usata del 1996
con pochi chilometri (quindi una prima serie, con motore boxer),
ho potuto fare un confronto diretto tra i due interni. Al di là
degli aggiornamenti sopra elencati, i passi avanti fatti sulla
seconda serie (1997-1998) e poi ulteriormente sulla terza serie
(1999-2001) saltano agli occhi in tutta la loro evidenza. Non si
tratta solo dei tessuti o delle finiture, ma anche degli
assemblaggi più precisi e tali di evitare (almeno sul mio
esemplare) l’insorgere di alcuni cigolii (non tanti, per la
verità!) che invece affliggevano la mia 145 prima serie. Su
questa 146, invece, non ho riscontrato mai rumori molesti. Un
plauso anche al rinnovato impianto semi-automatico Climasystem:
davvero eccellente, addirittura migliore (per portata e regolarità
di funzionamento) anche di tanti impianti “automatici” provati
su altre auto di progettazione e costruzione molto più recente.
Anche sotto questo aspetto, il passo avanti fatto rispetto al
precedente impianto della prima serie (secondo me leggermente
sottodimensionato rispetto al volume dell’abitacolo) è davvero
notevole. In più, le nuove bocchette di ventilazione rotonde si
dimostrano decisamente più pratiche ed efficaci nell’orientare
i flussi d’aria, oltre ad essere anche più belle da guardare
(ma quest’ultima è una considerazione estetica puramente
personale: altri potrebbero ovviamente preferire quelle
precedenti). E, sempre a proposito di bocchette di ventilazione,
era cosa più unica che rara, negli anni Novanta, trovare le
bocchette dedicate ai passeggeri posteriori (due collocate sotto i
due sedili anteriori e una, orientabile, posizionata sul tunnel
centrale). L’aria che si respira a bordo di questa 146 è calda
e luminosa, nel senso che ci si sente subito a casa. La
particolare conformazione concava della plancia nella parte
d’avanti al passeggero regala una poco comune sensazione di
spazio che è poi confortata anche dai centimetri reali. Inoltre,
il passeggero anteriore troverà ad accoglierlo una particolare
sagomatura del pavimento, caratterizzato da un caratteristico e
comodissimo rialzo inclinato sotto i piedi del passeggero stesso.
Pure i passeggeri posteriori possono contare su uno spazio
longitudinale davvero notevole. E pure in larghezza tutti possono
contare su sedili molto ben profilati e contenitivi, oltre che di
generose dimensioni. Insomma, in termini di confort, ancora oggi,
questa stuzzicante fastback non ha – secondo me – nulla da
farsi rimproverare. Però, un paio di difetti ci sono ugualmente,
e per alcuni possono essere anche importanti, soprattutto di
fronte alla eccezionale flessibilità di molti abitacoli moderni.
Il primo: sulla 146 non vi è grande abbondanza di vani
portaoggetti. E’ vero che è presente un discreto numero di
pratici vani “svuota-tasca” (quelli ricavati nei quattro
pannelli porta, il vano scavato nel tunnel centrale, un altro
ripiano sotto l’autoradio), ma resta il fatto che il cassettino
di fronte al passeggero è sì largo, ma è anche assai poco
sviluppato in altezza, così essendo poco sfruttabile. Inutile,
poi, cercare vani portalattine e altre cose del genere. Anche la
parte superiore della plancia (con consolle ben orientata verso il
pilota) paga dazio al suo stile così unico e personale, non
offrendo spazio per poggiare neanche l’oggetto più piccolo. Il
secondo difetto: la posizione dell’autoradio, aggravata
dall'assenza di comandi al volante. Collocata molto in basso (in
pratica alla base della leva del cambio), è fuori dalla visuale
del pilota e quindi costringe a distogliere lo sguardo dalla
strada: è pur vero che col tempo ci si abitua e, prendendo
confidenza con i tasti della propria autoradio, si finisce con
l’effettuare le varie regolazioni senza difficoltà, ma comunque
resta il fatto che la collocazione non è delle più corrette.
Nulla da dire, invece, sulla posizione dei comandi del clima,
assolutamente a portata di mano e massimamente intuitivi nella
loro logica di funzionamento. Un accenno lo merita, infine, il
bagagliaio. Coi suoi 380 litri di capienza (incrementabili
ribaltando lo schienale sdoppiato del divano posteriore) e con
quella sua forma così regolare e pulita, garantisce una capacità
di carico che nel segmento C, ieri come oggi, è davvero fuori dal
comune.
Alla
guida.
Come
già scritto, la mia è una 146 1.4 Twin Spark , in allestimento
L. In realtà, però, questa sigla non dice tutto, perché –
intorno ai 15.000 km – decisi di regalare alla mia macchina il
pacchetto tecnico che la Linea Accessori Sport dell’Alfa Romeo
aveva in catalogo. Dunque, è una 146 che meccanicamente si avvale
di alcuni plus, tutti ben studiati e previsti dalla Casa già in
fase di progetto, in modo integrato. Nulla di estemporaneo,
quindi, ma tutti componenti rigorosamente originali e forniti
dall'Alfa Romeo. Questo pacchetto comprendeva: un avantreno con
specifici montanti delle sospensioni (caratterizzati da geometria
ed angoli di ancoraggio completamente diversi), quattro molle
progressive Alfa Romeo realizzate dalla Eibach, una barra duomi
anteriore regolabile Alfa Romeo realizzata dalla Sparco, una
diversa idroguida con taratura del 37% più diretta rispetto a
quella d’origine (risultato: 1,9 giri di volante in totale, da
fondo corsa a fondo corsa). Ho poi completato questo pacchetto con
uno scarico (sezione centrale e sezione terminale) 100% inox della
Ragazzon e quattro nuovi cerchi in lega da 7Jx15” con gommatura
195/50 (anche se sul libretto di circolazione risultano sin
dall'origine regolarmente omologati anche cerchi da 16” con
pneumatici 205/45). La guida di questa 146 è oggi praticamente
neutra: un assetto assolutamente piatto, uno sterzo quasi da kart
che miscela sapientemente prontezza e progressività, assenza di
qualunque esitazione sia in inserimento di curva che dentro la
curva stessa e in uscita da essa (sottosterzo assente e gran
tenuta). Insomma, questa 146 trasmette sul serio la sensazione di
essere aggrappata all’asfalto. Ovviamente, per qualcosa che si
guadagna c’è sempre qualcosa di altro che si perde: in questo
caso, è andata persa un po’ della capacità di filtrare le
asperità del fondo stradale. Intendiamoci, non si tratta di un
decadimento verticale del confort, perché – comunque – si
tratta sempre e solo di interventi effettuati usando componenti
previsti dalla Casa. Quindi, nulla di estremo, nulla di eccessivo,
nulla di drammatico: anche così si viaggia comodi su qualunque
fondo, ma certamente non è un’auto che si trova completamente a
proprio agio su fondi sterrati o comunque su asfalti
danneggiatissimi. Per quanto riguarda il motore 1.4 Twin Spark
16v, si tratta di un quattro cilindri di 1370 cc, dotato di
distribuzione con doppio albero a cammes in testa, quattro valvole
per cilindro e punterie idrauliche, variatore di fase lato
aspirazione, due candele per cilindro e una bobina dedicata ad
ogni singolo cilindro: eroga una potenza massima di 103 cv a 6300
giri/min e una coppia massima di 126 Nm a 4000 giri/min. Lo trovo
ancora oggi eccellente e perfettamente integrato nel corpo
vettura. E' un “superquadro”, cioè un motore con corsa dei
pistoni più corta del loro diametro (64,87 x 82 mm), il che si
traduce in una notevole elasticità e rapidità nel guadagnare gli
alti regimi, i quali qui sono davvero alti: questo motore, con il
limitatore piazzato a 7400 giri/min, ha una capacità di allungo
rara oggi ancora più di ieri, considerato che viviamo (e vivremo
sempre più) in un epoca fatta di turbine e sovralimentazioni.
Questo Twin Spark 16v da 1,4 litri sembra non finire mai, nel
senso che “spinge” benissimo in alto senza però essere per
questo fastidiosamente vuoto in basso. Merito (oltre che della
intrinseca natura di un “superquadro”) anche del variatore di
fase lato aspirazione che, raggiunti i 1600 giri/min, cambia
(elevandolo) l’angolo di incrocio delle valvole (cioè ritarda
la chiusura delle valvole di aspirazione) e in questo modo
trasforma il comportamento del propulsore. Parallelamente, al di
sotto dei 1600 giri, il limitato angolo di incrocio garantisce
massima regolarità e fluidità di funzionamento. Grandi regolarità
e fluidità che sono anche frutto della doppia accensione (Twin
Spark, appunto) garantita da 8 candele del tipo “long life”
(vanno cambiate ogni 100.000 km) alimentate da 4 bobine (come già
accennato, una per ogni cilindro). Tra l’altro, a differenza di
quanto avveniva sui precedenti Twin Spark 8v, qui la doppia
accensione è del tipo asimmetrico e asìncrono: in ogni cilindro,
le due candele hanno dimensioni diverse (una più grande al centro
e una più piccola laterale) e scoccano ciascuna la propria
scintilla in momenti diversificati (doppia accensione asìncrona),
riuscendo così a parcellizzare al meglio l’accensione della
miscela, ottimizzandone al massimo la combustione e contribuendo
anche a ridurre sensibilmente le emissioni inquinanti. Come già
detto, su strada tutto si traduce in una grande capacità del
motore di farsi trovare pronto dove e quando serve. Ovvio,
parliamo pur sempre di un propulsore aspirato: la coppia di un
sovralimentato è fuori dalla sua portata, ma se amate i motori
pronti e nervosi e vi piace sapere che, quando lo volete, potete
inondare i vostri timpani del suono di un motore che può girare
alto fino a 7400 giri/min, allora questo è un motore che può
fare al caso vostro. Decisamente gratificante. Un’ultima
considerazione: a partire dalle ultime “seconda serie” (quindi
diciamo da fine ’98), cambiò su 145 e 146 l’impianto
integrato di iniezione/accensione con relativa mappatura,
adottandosi (al posto del precedente impianto Bosch Motronic
M2.10.4) il nuovo Bosch Motronic M1.5.5 riconoscibile facilmente
per la diversa collocazione della centralina di
iniezione/accensione che non è più collocata nell’abitacolo
(sopra i piedi del passeggero) ma nel vano motore (a ridosso del
corpo farfallato): è quindi questo l’impianto installato sulla
mia 146. La trasmissione, da parte sua, “dialoga” molto bene
col motore: una frizione precisa (del tipo a secco con comando
idraulico) e un cambio manuale a cinque rapporti che – se non
rovinato da una guida sbagliata – dispone di innesti rapidi e
precisi, anche grazie ad un altro aggiornamento che arriva sulle
145 e 146 a partire dalla seconda serie (Model Year 1997): il
collegamento della leva del cambio con il cambio stesso non è più
effettuato con leveraggi rigidi, ma con cavi flessibili di tipo
Bowden. Tradotto: manovrabilità della leva eccellente, sia in
termini di precisione che di rapidità. Un’altra cosa: si tratta
di un cambio dalle rapportature molto corte. Ne beneficiano spunto
e ripresa e una quinta marcia che è una vera quinta marcia
di potenza. Rovescio della medaglia: non aspettatevi che in
autostrada, con la quinta marcia inserita, il motore giri al
regime di un turbodiesel. Anche in questo modo, però, la voce del
motore non diventa mai fastidiosa: anzi, ci si diverte a sentirlo
vivere e non si trasforma mai in un elemento di disturbo. Come non
eccessivi sono anche i rumori aerodinamici, che restano sempre
nella norma. E’ naturale: le automobili attuali restano comunque
più silenziose, ma forse anche per questo perdono un po’ della
propria anima. Punti di vista. Coi freni si va tranquilli: le 145
e 146 terza serie (Model Year 1999) montano tutte un impianto
frenante a quattro dischi (anteriori autoventilanti) con un
eccellente ABS a quattro canali e quattro sensori e con EBD
(ripartitore elettronico di frenata). Dunque, frenata sicura e
costante nel tempo, senza che si vada mai incontro a decadimenti
prestazionali dell’impianto (fading completamente assente).
Inoltre, cosa secondo me parecchio importante, si viaggia bene
anche di notte, grazie a fari anteriori di tipo lenticolare (o
poliellissoidale che dir si voglia), cioè simili – nella
struttura riflettente del gruppo ottico – ai proiettori che
montano lampade allo xeno. Sedendo al posto di guida, tutti i
comandi sono ben visibili e a portata di mano, tranne (come già
detto) l’autoradio che è sì a portata di mano ma troppo fuori
dalla visuale del pilota. Anche le leve multifunzione del
devioluci, dopo poco tempo, diventano molto intuitive: la leva di
sinistra comanda quasi tutte le luci esterne, compreso il
retronebbia (i fendinebbia anteriori, invece, si accendono con un
apposito pulsante collocato sulla consolle accanto al pulsante
rosso delle quattro frecce d’emergenza); la leva di destra
comanda tutto quanto attiene alla pulizia e allo sbrinamento dei
cristalli (compreso, quindi, il lunotto termico e lo sbrinamento
degli specchi esterni). A proposito di pulizia dei cristalli,
piuttosto flessibile la logica di funzionamento dei tergi
anteriori: due step di velocità continua e due step di
intermittenza, oltre naturalmente alla battuta singola e alla
funzione di lavacristallo intelligente. La buona visibilità è
garantita anche da un sedile guida che secondo alcuni è un po’
troppo alto per una berlina di impostazione sportiva come la 146,
ma con il quale io mi sono invece sempre trovato benissimo. A me
che sono alto un metro e 90 e che scendevo dai sedili un po’…
diciamo così… “rustici” della 33, questa 146 nel 1999
insegnò il piacere di stare finalmente comodo alla guida,
facendomi conoscere una poltrona (naturalmente regolabile in
altezza) realmente degna di questo nome e capace di assicurarti
una ottima visuale di qualunque angolo della strada. In ogni caso,
per chi desiderasse un piano di seduta più basso, sarà
semplicissimo ottenerlo rimovendo i due spessori collocati sotto
le guide di scorrimento longitudinale: si tratta di
un’operazione molto semplice e rapida.
Oggi
la ricomprerei?
Come
già detto, nel 1999 questa 146 è arrivata un po’ per caso.
Oggi so che senza di lei mi sarei perso tanti bei momenti di puro
divertimento alla guida: mi ci sono sempre trovato bene e continuo
a farlo ancora oggi. Ogni volta, la guido con estremo piacere.
Dunque, sì: tornando indietro nel tempo, la ricomprerei. Ma non
potendo più farlo (almeno come auto nuova, per ovvie ragioni!),
mi tengo ben stretta questa, curandola come un qualcosa di cui sai
bene che non potresti mai trovare una sostituta. Altre auto sono
poi arrivate a casa e altre ancora continueranno certo ad
arrivare, ma quella 146 Blu Atollo comprata un po’ per caso nel
1999, sicuramente continuerà a vederle tutte arrivare e andare
via.
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