Considerazioni generali.
L’intervento
sulla centralina di iniezione rappresenta una tappa di quello che
comunemente viene definito “soft-tuning”: una “elaborazione
leggera”, fatta solo di modifiche all’aspirazione, allo scarico
e, appunto, all’iniezione. A tal riguardo, nel corso degli anni si
è assistito all’incontrollata proliferazione di “maghi
elettronici” che promettono cavalli su cavalli grazie ad una
riprogrammazione della centralina, promesse a volte eccessive,
destinate spesso a restare senza riscontro. In realtà, intervenire
sulle centraline di iniezione è un’operazione che richiede tanta
professionalità ed esperienza, un’operazione che non può essere
assolutamente frutto di improvvisazione e che deve necessariamente
essere fondata sulla consapevolezza che i parametri sui quali ci si
deve basare nell’esecuzione del lavoro sono molteplici e vari.
Innanzitutto, sarà bene ricordare cosa sia una centralina
elettronica di iniezione.
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Si tratta di un vero e proprio
micro-calcolatore che, in base ad una serie di istruzioni in esso
memorizzate e in base alle informazioni ricevute da vari sensori
(tra cui anche quello del debimetro: vedi l’articolo sui filtri
aria), è in grado di controllare l’accensione e l’iniezione del
carburante. L’insieme delle istruzioni memorizzate in una
centralina viene definito “mappatura”. Per esempio, la mappatura
dell’accensione contiene i valori dell’anticipo d’accensione
(anticipo necessario per dare tempo alla miscela aria-benzina di
bruciare completamente: la scintilla della candela viene fatta
scoccare con alcuni istanti di anticipo rispetto al momento in cui
il pistone raggiunge il punto morto superiore, cioè la sua
posizione più alta nel cilindro): tali valori saranno
corrispondenti a tutte le possibili situazioni di utilizzo del
motore, in modo che, istante per istante, la centralina sia in grado
di richiamare la soluzione ottimale in funzione del numero di giri,
della posizione dell’acceleratore, della temperatura di
funzionamento e di altri eventuali parametri. Nell'immagine che
segue, la raffigurazione tridimensionale di una mappatura relativa
all'anticipo di accensione.
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Prima
della diffusione delle centraline elettroniche, la gestione del
motore era decisamente più approssimativa, nonostante l’alto
grado di evoluzione che i carburatori e i sistemi di accensione
avevano ultimamente raggiunto. Infatti, le maggiori difficoltà
derivavano dal fatto che un propulsore muta le proprie esigenze
sulla base delle diverse condizioni in cui è chiamato a lavorare.
Sempre per rimanere nell’esempio dell’anticipo di accensione, più
cresce il numero di giri maggiore sarà l’anticipo con il quale
dovrà scoccare la scintilla rispetto al punto morto superiore.
Tralasciando altri parametri, per sfruttare fino in fondo le
potenzialità del motore è importantissimo gestire in modo preciso
sia la miscela aria-benzina sia l’istante in cui scocca la
scintilla, tenendo sempre conto sia del carico del motore (cioè,
della posizione della farfalla dell’acceleratore) sia del suo
numero di giri. Ebbene, nonostante l’evoluzione degli spinterogeni
(dotati di anticipo a masse centrifughe o a depressione) e dei
carburatori (come non ricordare i sofisticati carburatori a doppio
corpo di cui l’Alfa Romeo faceva largo impiego?), non si era però
in grado di operare in modo selettivo al crescere del numero dei
giri e del carico. Fu proprio in questa prospettiva che apparve
l’accensione a transistor, prima capace solo di amplificare
l’intensità della scintilla e, in seguito, in grado di farla
scoccare anche nel momento più favorevole. Ovviamente, si trattava
di “mappature” semplicissime che, tra l’altro, non potevano
essere nemmeno modificate ma sostituite. Anche sull’altro fronte,
quello del dosaggio del carburante, l’evoluzione è stata
progressiva e continua, ricorrendosi prima all’iniezione meccanica
e dopo all’iniezione elettronica. Col tempo, l’evoluzione
condusse alla gestione del motore attraverso due distinte
centraline: la centralina dell’anticipo di accensione e la
centralina di iniezione. Solo in un secondo tempo, le due funzioni
iniziarono ad essere gestite da un’unica centralina. Arriviamo così
alla situazione attuale, in cui, come già accennato, la centralina
elettronica è in grado di gestire un propulsore sulla base delle
informazioni che le arrivano da alcuni sensori (di giri, di
posizione della farfalla, di pressione, di temperatura, di portata
dell’aria, ecc.) aventi proprio lo scopo di monitorare
costantemente le condizioni di funzionamento: è infatti la
centralina, in base ai dati ricevuti, a comandare gli attuatori
incaricati di dosare il carburante o l’anticipo di accensione.
Centraline: la logica del programma.
Ma
su quale programma si fonda il lavoro della centralina? La mappa di
gestione è formata da un insieme di tabelle esadecimali messe a
punto da colui che ha programmato la centralina stessa.
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E’ proprio su tali tabelle che si
interviene quando si vuole “rimappare” la centralina, in pratica
riscrivendo alcune delle informazioni che in essa sono contenute e
arrivando così a modificare quei parametri che danno vita alle
modalità di gestione del propulsore. Come si può ben immaginare,
il lavoro di chi interviene su una centralina elettronica è un
lavoro “chirurgico” che cerca di rosicchiare qualcosa rispetto a
quel margine che i costruttori sono soliti preservare al fine di
garantire la massima affidabilità del propulsore nel tempo. Un
lavoro chirurgico, perché sarebbe un’impresa semplicemente folle
quella di modificare l’intero programma di gestione del motore:
normalmente, si interviene solo sulle mappe che attengono alla
quantità di carburante da iniettare e all’istante di accensione
(insieme con qualche altro parametro, variabile in base alla
tipologia di propulsore: a benzina, diesel, aspirato,
sovralimentato). Per esempio, non è opportuno alterare la parte
relativa al regime minimo di rotazione (che deve tener conto
dell’azionamento dei vari servizi di bordo e del conseguente
assorbimento di tensione); altrettanto inopportuno è intervenire
sulla parte inerente alla gestione in funzione della temperatura
dell’aria. E così anche per molte altre parti del programma.
Mappe che, invece, vengono solitamente ritoccate sono quelle
relative al carico parzializzato e al pieno carico. Non dovranno,
però, essere modificati i parametri di correzione, fondamentali
perché rappresentano un po’ la logica stessa di tutto il
programma di gestione. A titolo di esempio, se si è deciso di
intervenire prevedendo alcuni gradi di anticipo in più ad un ben
determinato regime di rotazione e ad un altrettanto ben determinato
valore di carico (intendendosi sempre per “carico”, il grado di
apertura della farfalla dell’acceleratore), i nuovi dati immessi
dal preparatore saranno eseguiti solo se il motore avrà raggiunto
la temperatura ottimale di funzionamento; infatti, nel caso la
temperatura di esercizio risulti troppo bassa, la centralina andrà
comunque ad applicare le “istruzioni” del caso contenute in
un’altra zona del programma, preferendo così optare per un
ritardo dell’anticipo di accensione. In una situazione del genere,
perciò, la nuova mappatura dell’anticipo (messa a punto dal
preparatore) non verrà utilizzata. Ciò perché, come già
accennato, i dati presenti nelle mappe dovranno (prima di essere
eseguiti dagli attuatori) essere approvati dalla logica del
programma, programma che terrà sempre conto delle informazioni che
alla centralina arrivano dai vari sensori. Le tabelle di correzione
svolgono un ruolo ancora più determinante visto che i moderni
sistemi di gestione sono oggi “ad anello chiuso”. Non bisogna,
infatti, dimenticarsi delle informazioni che continuamente arrivano
dalla sonda lambda (o meglio, dalle sonde lambda: a partire dalle
normative anti-inquinamento Euro3, infatti, le sonde lambda sono
due, una collocata prima e l’altra collocata dopo il
catalizzatore, allo scopo di controllarne l’efficienza durante la
vita della vettura). La sonda lambda (anche detta “sensore
ossigeno”) è un sensore che fornisce alla centralina di iniezione
le informazioni relative alla quantità di ossigeno presente nei gas
di scarico, allo scopo di mantenere un’ottimale composizione della
miscela aria-benzina. Il sensore ossigeno (indispensabile nelle auto
dotate di marmitta catalitica a tre vie, perché essa raggiunge la
massima efficienza solo quando la carburazione è il più possibile
vicina al valore stechiometrico ideale: 14,7 Kg d’aria per ogni Kg
di benzina) emetterà un segnale di tensione fortemente variabile in
funzione del rapporto aria-carburante. La centralina riceverà tale
segnale di tensione e correggerà continuamente la composizione
della miscela (arricchendola o smagrendola).
Apriamo una breve parentesi sulla struttura della sonda
lambda.
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Essa
è in ceramica e un suo estremo è immesso nel condotto di scarico
(in modo da essere lambito dai gas), mentre l’altra estremità è
sempre a contatto con l’atmosfera. La superficie ceramica (ossido
di zirconio) è dotata di elettrodi realizzati con un sottile strato
di platino (permeabile ai gas). Il materiale ceramico inizia a
condurre ioni di ossigeno ad una temperatura di circa 300°C.
Ebbene, se la proporzione di ossigeno tra le due estremità della
sonda inizia a differire, si genererà una tensione elettrica fra i
due elettrodi a causa della particolare composizione del materiale:
sarà così possibile misurare la differenza di ossigeno fra i gas
di scarico e l’ambiente esterno. I gas combusti del motore
contengono ancora una parte residua di ossigeno quando la miscela
aria-benzina inviata nella camera di scoppio non è corretta:
proprio di tale dato terrà conto la centralina di iniezione, al
fine di far funzionare il motore sempre con la miscela ottimale.
Anche in questo caso, ci si servirà delle tabelle di correzione
alle quali facevamo prima riferimento: in sintesi, se la sonda
lambda rileva un rapporto stechiometrico (cioè, un rapporto
aria-carburante) anomalo, il programma ricorrerà alle tabelle di
correzione e, anche in questo caso, se una di tali tabelle imporrà
che l’iniezione debba per esempio essere ridotta, il dato
eventualmente modificato dal preparatore verrà completamente
ignorato. Tutto questo vale come regola generale. Resta fermo il
fatto che in alcuni casi il valore di carburazione (cioè, il valore
del rapporto stechiometrico) ottimale non viene preso in
considerazione: la lettura della sonda lambda viene a volte esclusa
in condizioni di pieno carico (cioè, con la farfalla
dell’acceleratore completamente aperta) e in alcune fasi di
ripresa; si privilegerà così, in queste circostanze, lo spunto
piuttosto che i consumi o le emissioni inquinanti, al contrario di
quanto accade per le restanti condizioni di funzionamento. Dopo
quanto detto, comunque, si può meglio comprendere l’importanza
del non intervenire mai sulle tabelle di correzione. Un’ultima
precisazione. Mentre la mappatura e il programma di gestione sono
indelebili (per cui, per esempio, anche scollegando la batteria le
informazioni resteranno scritte in memoria), così non è per altri
tipi di informazioni. Infatti, le centraline sono “autoadattive”,
riuscendo a percepire l’invecchiamento dei sensori e di altri
componenti, invecchiamento che viene annotato temporaneamente nella
memoria. In tal modo, se la logica del programma percepisce che (per
esempio) un iniettore non funziona più correttamente, essa aumenterà
di un po’ la portata di carburante per compensare il normale
logorio del componente (ovviamente, questa capacità autoadattiva
non è assoluta: la logica del programma non riuscirà mai a
compensare del tutto il fatto che un iniettore sia completamente
fuori uso…). Ebbene, se dopo aver scollegato l’alimentazione
della centralina (quindi, scollegando la batteria) la si ricollega
nuovamente, essa si comporterà come se il motore fosse nuovo,
essendo state rimosse dalla sua memoria quelle annotazioni relative
all’eventuale funzionamento
non del tutto corretto di alcuni componenti. Ciò potrà tradursi in
piccole incertezze di funzionamento, le quali però svaniranno in
tempi relativamente brevi non appena il programma sarà nuovamente
riuscito a percepire lo stato di invecchiamento del motore, dei
sensori o degli attuatori.
Centraline: i sistemi di protezione.
Le
prime centraline erano molto semplici: esse ricevevano solo segnali
relativi alla posizione della farfalla e al numero di giri del
motore e intervenirvi era abbastanza facile, visto che non
esistevano codici di controllo. Non ci si doveva dunque preoccupare
di aggirare alcuna protezione. Solo successivamente i costruttori
iniziarono a proteggere i programmi immessi nelle centraline,
introducendo codici che la centralina avrebbe poi letto al momento
dell’avviamento o anche più volte durante il funzionamento. Iniziò
così un vero e proprio “botta e risposta” tra case costruttrici
e preparatori. Il primo codice ad essere approntato fu il “check
sum”, ovvero la somma in esadecimale di tutto ciò che era scritto
nelle tabelle. Modificando anche una sola mappa, si alterava
ovviamente anche la somma totale dei byte e, se la somma corretta
non veniva ripristinata, il motore si spegneva e non poteva più
essere avviato. Dopo un po’ di tempo, i preparatori riuscirono ad
aggirare l’ostacolo, effettuando gli interventi desiderati e
riuscendo a ripristinare apparentemente la somma corretta alla fine
dell’operazione. Da parte loro, i costruttori affinarono i sistemi
di protezione ricorrendo ad algoritmi sempre più complessi e
ricorrendo a calcoli matematici sempre più articolati (per esempio,
si sommavano solamente i dati di alcune zone, conteggiando tra
l’altro solo i numeri pari o i numeri dispari…). Una
“lotta”, quella tra costruttori e preparatori, che dura ancora
oggi. I produttori dei programmi necessari per rimappare le
centraline, oggi sono in grado di fornire a pagamento al
preparatore, oltre ai driver necessari per leggere il programma in
modo semplice e rapido, anche le diverse famiglie di "check sum"
che si rendono di volta in volta necessarie per intervenire sui
diversi modelli di auto.
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Mezzi
indispensabili, questi: tempo fa, quando ancora non esistevano i
driver, si era costretti ad eseguire la rimappatura solo
graficamente, non intervenendo sulle tabelle e agendo solo su alcune
curve visualizzate sui monitor dei computer. Alcune centraline, però,
non possono essere rimappate, un po’ anche grazie alle più
stringenti normative anti-inquinamento: per esempio, le centraline a
norma Euro4 sono spesso caratterizzate da mappe criptate (dotate non
di semplici "check sum") e sono in grado di capire se sono
state modificate anche verificando continuamente tutti i codici una
volta al secondo. Tra l’altro, vanno diffondendosi nuove famiglie
di centraline aventi solo alcune zone del programma modificabili: in
questi casi diventa molto difficile intervenire nelle zone davvero
utili. In ogni caso, anche al di là di queste ultime ipotesi, può
verificarsi che una centralina non possa essere riprogrammata
semplicemente perché ancora non si conoscono i suoi protocolli (è
il tipico caso di un’auto di nuovissima produzione): in questo
caso, chi volesse comunque procedere nell’avventura, non avrà
altro da fare che tentare di sostituire la scheda elettronica
interna con un’altra che abbia una memoria rimappabile; il
problema sarà però soprattutto quello di trovarne una con
l’attacco compatibile. Ma anche lì dove questo sia tecnicamente
possibile, il costo della modifica (sarà come sostituire l’intera
centralina o quasi) lieviterà di parecchio.
ECU ed EPROM.
Prima
di andare avanti, sarà bene a questo punto ricordare che una cosa
è la ECU (dall’inglese Electronic Control Unit, cioè la
centralina complessivamente considerata), altra cosa è la sua
memoria e cioè la EPROM (una memoria non volatile a programmazione
singola e cancellazione con lampada a raggi UVC attraverso
l’apposita finestrella) o anche la EEPROM (una memoria anche
questa a programmazione singola, ma cancellabile elettricamente e
non usando i raggi ultravioletti). Sarà proprio sulla EPROM o sulla
EEPROM che il preparatore interverrà, ma non tutte le memorie sono
uguali.
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Le
prime EPROM delle centraline erano le cosiddette DIL (Dual In Line,
ma oggi conosciute anche come DIP, Dual Inline Package), un formato
di memoria con due file di piedini paralleli saldati “passanti”
rispetto alla scheda della centralina: in pratica, queste memorie
assumono un po’ la forma esteriore di un ragnetto con due file di
“zampine” (ai lati) che si inseriscono nella scheda elettronica.
Queste memorie erano asportabili e, quindi, potevano essere
facilmente sostituite con altre memorie rimappate. L’unica piccola
difficoltà era data dalla necessità di ricostruire le saldature
presenti su entrambi i lati della basetta elettronica. Poi sono
arrivate le PLCC (un formato di memoria quadrato con piedini sui
quattro lati e caratterizzato da saldatura superficiale) e le PSOP
(un formato di memoria “a sogliola” con due file di piedini
paralleli, caratterizzato anche questo da saldatura superficiale):
dissaldarli senza causare danni è un lavoro che richiede una certa
precisione. Non basta: addirittura, alcune moderne memorie non
possono in alcun modo essere rimosse perché sono direttamente
“annegate” in una speciale resina oppure sono fisicamente
racchiuse all’interno dello stesso microprocessore. Nelle ipotesi
in cui sia impossibile asportare la memoria, la strada che
normalmente si segue è quella della riprogrammazione tramite
dialogo per via seriale, vale a dire tramite un cavo che colleghi la
presa diagnosi dell’auto al computer. Memorie di tipo certamente
più evoluto sono poi le FLASH
EPROM (nel formato PSOP), le quali sono delle memorie non
volatili cancellabili e programmabili elettricamente e che adottano
un formato a blocchi tale da rendere possibile la riscrittura di
solo una parte del programma stesso; sono anche molto più veloci di
una normale EPROM. Le FLASH EPROM
possono essere riprogrammate anche semplicemente via cavo,
attraverso la presa diagnosi dell’auto stessa. Ciò allo scopo di
permettere al costruttore dell’auto di evolvere i propri programmi
di gestione e di correggere (con facilità, nei vari centri di
assistenza) anche alcune eventuali anomalie di funzionamento.
Centraline: modalità di riprogrammazione.
La
strada più classica da seguire per rimappare una centralina è
quella della rimozione della memoria, la quale viene asportata,
riscritta nella postazione di lavoro e infine risaldata. Alla fine,
una attenta prova su strada o sul banco permetterà di testare i
risultati dell’intervento e se qualcosa non dovesse andare bene
bisognerà ri-asportare la memoria e ripetere tutto. Un altro
sistema di riprogrammazione è quello della emulazione in tempo
reale, un sistema che certamente garantisce una maggiore precisione
di intervento, in quanto consente di verificare istante per istante
le tabelle in cui va a leggere la centralina. Infatti, utilizzando
questo metodo, le caselle attive (delle varie tabelle) durante il
funzionamento vengono evidenziate con un colore diverso sul monitor
dal software di modifica e quindi risulteranno facilmente
individuabili.
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Nell’emulazione in tempo reale,
si dovrà sempre asportare la eprom dalla centralina, collegando al
suo posto il computer. Il programma di modifica permetterà di
simulare la memoria e di leggere sul monitor le varie mappe durante
il funzionamento del motore. Il tutto durante una prova su strada,
in cui si procederà ad oltranza fino al raggiungimento di risultati
giudicati soddisfacenti. Ebbene, dopo aver individuato e riscritto
le zone da modificare (sempre durante la prova su strada), il nuovo
programma di rimappatura viene salvato sul computer per poi essere
riscritto nella eprom. Solo allora la eprom potrà essere rimontata.
Le difficoltà insite in questo sistema di riprogrammazione sono
eminentemente pratiche, perché sarà necessario circolare su strada
con emulatore (cioè, quel dispositivo elettronico che,
interfacciato col computer, simula la presenza della eprom nella
centralina), computer e relativi cavi collegati alla
centralina: fondamentale, in tali casi, sarà la messa in sicurezza
dei cablaggi di fortuna.
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L’ultimo
sistema utilizzabile per riprogrammare una centralina è quello
della riprogrammazione per via seriale. Questo sistema permetterà
di intervenire attraverso la presa diagnosi, senza però dare la
possibilità di verificare in tempo reale i risultati della
modifica, un po’ come nel caso del primo sistema: la fase di
riprogrammazione è cioè differenziata rispetto alla fase di prova
su strada e di verifica, per cui nel caso non si sia soddisfatti dei
risultati ottenuti bisognerà ripetere la riprogrammazione sino al
raggiungimento di risultati giudicati soddisfacenti. Tutto ciò
perché non è ancora possibile intervenire a propulsore avviato
quando si dialoga per via seriale con la centralina. E’ ovvio, però,
che con questo sistema non sarà necessario asportare (e poi
risaldare) la memoria per poterla modificare. Un
discorso a parte va fatto per le centraline aggiuntive, molte delle
quali offrono il vantaggio di poter sfruttare le mappe elaborate
solo quando si intervenga su un apposito interruttore posto
nell’abitacolo. All’uso di moduli aggiuntivi si ricorre di
solito quando ci si trova di fronte ad una centralina dotata di
EPROM non asportabile e non rimappabile. Tali moduli intercettano i
segnali captati dai vari sensori presenti nel propulsore e li
variano ancora prima che la centralina possa elaborarli, permettendo
così di variare alcuni parametri di funzionamento del motore.
Spesso, però, i moduli aggiuntivi installati su motori benzina
possono agire soltanto sull’anticipo di accensione e non sui tempi
di iniezione, limitando così le possibilità di intervento e quindi
anche la resa finale. Più efficace sarà invece l’uso di questi
componenti su motori turbodiesel common rail, perché in questi casi
si riuscirà anche a variare la portata del gasolio e la pressione
del turbo.
Centraline: le tabelle.
Cerchiamo
adesso, sinteticamente, di capire quali siano (nelle tabelle) le
parti solitamente soggette a modifica. Nelle tabelle, le file
(cosiddette “breakpoints”) relative ai giri del motore sono
molto fitte ai bassi regimi di rotazione, per poi diventarlo sempre
meno mano a mano che si vada verso regimi più elevati. Le file
saranno distanziate tra di loro anche di soli (per esempio) 100
giri/minuto nelle zone prossime al regime minimo mentre potranno
essere tra loro distanziate anche di 500 giri/minuto nelle zone
prossime al regime massimo di rotazione. Ciò perché ai bassi
regimi il motore non deve manifestare incertezze ed esitazioni di
funzionamento, visto che il propulsore funzionerà molto spesso a
quei regimi; nel traffico, per esempio, la posizione
dell’acceleratore può variare anche in modo impercettibile, ma
tanto basterà a far variare il regime di rotazione: in tali casi,
sarà quindi necessario fare il modo che il propulsore non presenti
seghettamenti e che le variazioni di regime siano quanto più
possibile graduali e fluide. Tutto questo comporta che ai regimi
bassi e medio bassi sarà opportuno prendere in considerazione più
punti di intervento rispetto a quanto invece si farà ai regimi
alti, regimi in cui di solito si arriva con grandi aperture della
farfalla ed in regime transitorio (cioè, in accelerazione). Tra
l’altro, se da una parte è vero che non sarà opportuno che il
preparatore alteri il numero totale delle file, dall’altra è
anche vero che potrà distribuirle in maniera diversa, anche se in
realtà questo rappresenterebbe comunque un passaggio delicatissimo
dell’intervento. Discorso
opposto, ovviamente, va fatto per i motori impiegati nelle
competizioni, motori che sono destinati a girare sempre agli alti
regimi, sfruttando coppia e potenza massima: in questi casi le file
saranno più “fitte” proprio ai regimi alti e medio-alti.
Ebbene, normalmente le mappe non vanno alterate nei regimi molto
prossimi al minimo, per evitare irregolarità di funzionamento,
mentre sopra tali regimi il preparatore darà tutto l’anticipo
possibile, incrementando anche i tempi di iniezione (e quindi la
quantità di carburante). La cosa fondamentale sarà non spingersi
troppo oltre, esagerando. In particolare, dopo la riprogrammazione,
il propulsore non dovrà mai detonare (battito in testa) o smagrire
la carburazione. Una leggera incertezza o un piccolo seghettamento a
basso regime potrebbe a volte anche risultare fisiologico, ma grosse
anomalie saranno spia di un intervento mal eseguito e, in taluni
casi, pericoloso in termini di affidabilità del propulsore stesso.
A tal riguardo, comunque, sarà bene ricordare che una cosa è
parlare di un’auto sulla quale, prima della rimappatura, si è
effettuata una elaborazione leggera (magari solo il filtro aria e lo
scarico), altra e ben diversa cosa è parlare di un’auto (sia
aspirata che sovralimentata) sulla quale si sia intervenuti più
pesantemente. In quest’ultimo caso, infatti, si potrà rendere
necessario ricorrere ad una ECU completamente diversa, prelevata
magari da un’altra vettura e adattata. Si comprende allora
facilmente come nel caso di una elaborazione più spinta sarà
normale dover soprassedere su eventuali incertezze di risposta del
motore, potendosi già ritenere soddisfatti del fatto che venga
salvaguardata l’affidabilità.
I motori turbodiesel.
Una
breve parentesi va dedicata ai motori turbodiesel, anche in
considerazione del fatto che su questa tipologia di propulsori la
riprogrammazione della centralina è diventata sempre più diffusa,
con risultati a volte a dir poco discutibili. In
ogni caso, c’è da dire che i motori turbodiesel ad iniezione
diretta sono gestiti da centraline elettroniche dalle
caratteristiche molto simili a quelle dei motori benzina, anche se
ovviamente non sovraintendono all’anticipo di accensione (per il
semplice fatto che nei motori diesel è inesistente).
Tra l’altro, i motori turbodiesel con turbine a geometria
variabile dispongono di almeno un paio di mappe finalizzate alla
gestione della pressione del turbo (in particolare, una per le
palette aperte, l’altra per le palette chiuse).
Comunque, la regola generale vuole che nei turbodiesel le mappe di
iniezione del carburante siano di più (a seconda del carico
motore), anche se ovviamente non è detto che si renda sempre
necessario intervenire su tutte.
Si accennava prima ad eventuali esiti discutibili della
riprogrammazione. Ebbene, la riprogrammazione della centralina sui
motori turbodiesel (come, del resto, su tutti i motori
sovralimentati) può portare ad incrementi di potenza davvero
notevoli, incrementi che su un motore aspirato sono ottenibili solo
al prezzo di interventi ben più invasivi e costosi. Proprio per
questo motivo, però, spesso si finisce con l’esagerare e in
alcuni casi con il compromettere l’affidabilità del propulsore
sul lungo periodo.
In particolare, un’eccessiva fumosità allo scarico dovrà mettere
in allarme. Infatti, una combustione che (per eccesso di portata di
carburante) non avvenga solo nel cilindro ma prosegua anche nello
scarico è un fatto da non sottovalutare. Questo problema si
manifesta soprattutto in ripresa dai bassi regimi di rotazione, con
una specie di “strattonamento” del motore. Ebbene, nei motori
diesel, un eccessivo arricchimento della portata carburante (cioè,
una carburazione troppo “grassa”) comporta che il gasolio non
riesce a bruciare completamente nella camera di scoppio, continuando
per una parte a bruciare a ridosso della turbina ed elevando così a
dismisura la temperatura in quel punto. Il rischio sarà quindi
quello di danneggiare il carter turbina.
Considerazioni finali.
Siamo
così arrivati al termine di questo nostro discorso. C’è da dire
che l’incremento di potenza derivante da una rimappatura (ben
eseguita) solitamente non si traduce in un incremento dei consumi di
carburante. E’ chiaro, però, che questa affermazione prescinde
dal “fattore entusiasmo” che spesso può animare il guidatore
che, sapendo di disporre di un’auto con prestazioni incrementate
rispetto alla configurazione di serie, può essere sempre portato a
“spremere” maggiormente il motore. Ma, in definitiva, quanti
cavalli si riescono a guadagnare con una riprogrammazione della
centralina? Molto dipende dal tipo di elaborazione che eventualmente
ha preceduto la riprogrammazione stessa. Ebbene, nel caso di motori
aspirati leggermente elaborati (filtro aria e scarico), il guadagno
sarà abbastanza ridotto: nella migliore delle ipotesi, si può
arrivare ad un incremento di 6-7 cavalli. Se invece si è
intervenuti sul propulsore in modo più invasivo (lavorazione della
testata, camme sportive, ecc.) l’incremento derivante dalla
riprogrammazione (riprogrammazione che in tali casi sarà
indispensabile) potrà anche essere lievemente superiore. Nei motori
aspirati, quindi, una rimappatura della centralina potrà
eventualmente apportare vantaggi non tanto in termini di potenza
massima erogata, ma in termini di rapidità nell’incremento del
regime di rotazione. Nel caso di motori sovralimentati (benzina o
diesel), invece, l’incremento di potenza che un intervento sulla
centralina potrà garantire sarà notevolmente più consistente, in
quanto in questi casi si potrà intervenire anche sulle mappe della
pressione di sovralimentazione: non sarà raro poter guadagnare
anche 25-30 cavalli. Ma, in termini di affidabilità del propulsore,
quanto si paga la riprogrammazione della centralina? Ebbene, c’è
da considerare che rimappando una centralina non si fa altro che
“raschiare” il fondo del barile delle prestazioni del motore. Ciò
si traduce nella assoluta necessità che la vettura, dopo la
riprogrammazione, sia sempre perfettamente a punto in quanto la
rimappatura non fa altro che lavorare (riducendolo) su quel margine
di tolleranza che il costruttore ha previsto in fase di
progettazione. Inoltre, alcune precauzioni fondamentali nei motori
in configurazione di serie lo diventano
ancora di più nel caso dei motori più o meno elaborati: il
propulsore non potrà essere sovra-sollecitato a freddo e, anche
dopo aver raggiunto le temperature di esercizio, non può essere
sollecitato al massimo delle prestazioni per un tempo eccessivamente
lungo; nessun motore può essere stato progettato per girare sempre
ai regimi del limitatore: a maggior ragione un motore elaborato. In
conclusione, una riprogrammazione della centralina, se effettuata da
personale davvero competente, se accompagnata da una corretta
manutenzione del motore e se affiancata anche dal buon senso che
comunque dovrebbe sempre ispirare la fruizione delle prestazioni di
ogni propulsore, potrà non avere controindicazioni (tecniche) di
rilievo. Il problema, però, sta proprio nel fatto che nella realtà
quotidiana non è poi così facile che tutte le suddette condizioni
si verifichino: i danni che una riprogrammazione non eseguita a
regola d’arte può causare al propulsore possono a volte essere
incalcolabili, discorso comunque valido per qualunque tipo di
elaborazione. Ciascuno, sulla base delle proprie preferenze e delle
proprie convinzioni, sarà libero di valutare se il gioco valga la
candela oppure no.
Questo
articolo è una rielaborazione ampliata in più punti
dell'originale realizzato da Piero Plini per la rivista
ELABORARE n° 61, da cui sono tratte alcune delle immagini
inserite in questa pagina.
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