"Alfa
Romeo vuol dire motori". Questa frase potrebbe spiegare, meglio
di tanti giri di parole, cosa significa il marchio del Biscione
nella storia dell'automobile. E proprio di uno dei motori Alfa, il
classico 6 cilindri a V nato a fine anni Settanta, verrà ricordata
di seguito la nascita e l'evoluzione. Nei primi anni '70,
essendo il mercato dell'auto in continua espansione, la casa di
Arese pensò di realizzare un'ammiraglia da equipaggiare con un 6
cilindri di cilindrata superiore ai due litri. Lo sviluppo del
motore e dell'auto destinata a montarlo, l'Alfa 6, si interruppero
però nel 1974 a causa della storica crisi petrolifera che si
materializzò improvvisamente in quegli anni rendendo inopportuno
qualunque investimento destinato a segmenti che non sembravano
destare più l'attenzione di un mercato afflitto da costi carburante
sempre più alle stelle. Fu solo nel 1978, una volta passato il
periodo critico, che avvenne il debutto della nuova ammiraglia e del
suo motore. Come
detto, si trattava di un
6 cilindri a V di 60° di 2492 centimetri cubici.
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La
potenza massima dichiarata era di 117,6 kW (160 CV) al regime di
5800 giri/min. e la coppia massima era di 228 Nm a 4000 giri/min.;
il rapporto di compressione era di 9:1. La scelta dell'architettura
a V di 60° fu preferita per una serie di motivi: il motore sarebbe
stato più corto di un normale sei cilindri in linea e più stretto
di un sei cilindri a V di 90°, mentre l'altezza rappresentava una
via di mezzo tra le due opposte architetture.
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L'albero
a gomiti, poggiante su 4 supporti al banco, dato il suo minor
sviluppo in lunghezza, era soggetto a carichi torsionali di più
modesta entità rispetto ad un 6 cilindri in linea che invece era
soggetto a vibrazioni che ne limitavano le prestazioni ai regimi più
elevati. In particolare, i supporti al banco del V6 Alfa erano
soggetti a piccole coppie d'inerzia del secondo ordine non
equilibrate, che avevano modeste ripercussioni sulla rotondità di
funzionamento e sul confort della vettura. Particolare
interesse aveva la testata del motore ed in particolare il comando
valvole. Queste erano disposte con un angolo di 46° tra loro: una
disposizione a V stretto, che ricordava da vicino quella del 4
cilindri che equipaggiava la GTAm e che fu poi un punto fermo per lo
sviluppo dei Twin Spark. Per quanto riguarda il comando valvole,
occorre ricordare che l'Alfa era famosa per il comando diretto delle
valvole tramite l'albero a camme, ma questa soluzione, in un motore
con cilindri a V, avrebbe comportato la presenza di 4 alberi a
camme, due per bancata. La soluzione non venne ritenuta ancora
matura per i tempi e quindi venne sviluppato un sistema a singolo
albero a camme per bancata (fig. 3).
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L'albero
a camme (1) comandava direttamente le valvole di aspirazione (2),
mentre le valvole di scarico (3), raffreddate al sodio (come
da tradizione Alfa Romeo), si alzavano mediante l'azione di un
bilanciere (4), mosso da un'asta (5) comandata
dall'asse a camme. I due alberi di distribuzione e le relative
pulegge erano disposte
all'interno della V del
motore in modo da ridurne
l'ingombro complessivo. L'alimentazione era affidata a 6 carburatori invertiti:
l'Alfa fu l'unico
costruttore ad adottare l'alimentazione singola per un 6 cilindri,
scelta che portò a benefici in termini prestazionali e in termini
di rispetto delle normative antinquinamento. Da ricordare che nel
1983 venne presentata, soprattutto per motivi fiscali, anche una
versione da 2 litri (1997 cc) accreditata di 135 cv. I motori
Alfa sono sempre stati caratterizzati, nel corso delle loro
evoluzioni, da un progressivo aumento di cilindrata e nemmeno il V6
sfuggì a tale regola. Nel 1987, venne presentato sulla 75 il V6 in
versione 3 litri (2959 cc) accreditato di 141 kW (192 CV) di potenza
massima a 5600 giri/min. con una coppia massima
di 245 Nm a 3000
giri/min. Nel
1991 debuttò anche la
versione sovralimentata del 2 litri (montata questa volta sull'ammiraglia 164) che
conciliava le esigenze fiscali dell'epoca (sopra i 2 litri l'IVA era
maggiorata al 36%) con le esigenze - tipiche dell'Alfa Romeo - di
sportività e alte prestazioni.
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La
sovralimentazione di tale unità motrice (fig. 5) tramite un
turbocompressore Mitsubishi (fig. 6) fu resa possibile dalla estrema
flessibilità offerta dagli avanzati sistemi elettronici di gestione
del motore (quali il controllo della detonazione per ogni singolo
cilindro) e della
sovralimentazione, nonché per la innata capacità del motore plurifrazionato di
resistere a potenze specifiche elevate.
Questo
2 litri V6 sovralimentato fu il primo V6 costruito in grande serie
capace di erogare una potenza specifica superiore ai 76 kW/litro
(103 CV/litro). La
potenza massima era di 152 kW (207 CV) a 6000 giri/min. e la coppia
massima era di 306 Nm a 2750 giri/min.: tali valori regalavano alla
164 prestazioni di primo piano, con una accelerazione da 0 a 100
km/h in 7,7 secondi ed una velocità massima di poco superiore ai
240 km/h. Nel 1992, poi, arrivò un'ulteriore importante
evoluzione del progetto originario, un 3 litri V6 dotato di quattro
valvole per cilindro (fig. 7).
Il
nuovo 3.0 V6 24 valvole derivò molti degli elementi dal precedente
3.0 V6 12 valvole: oltre a vari accessori secondari, ricordiamo il
basamento, le canne, l'albero a gomiti, la pompa, il filtro e la
coppa dell'olio.
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Realizzati
espressamente per il "24 valvole" furono invece gli
stantuffi, le teste dei cilindri in alluminio, gli alberi di
distribuzione con il loro sistema di comando, il sistema di gestione
ed accensione elettronici, le candele (che avevano, per la prima
volta, una durata di 100.000 km) con bobine singole e, ovviamente,
le valvole. In precedenza si è ricordato come l'angolo fra le
valvole del 6 cilindri a 12 valvole era di 46°. Ebbene, per il
"24 valvole", tale valore venne ulteriormente ridotto a 37°
10': un angolo così acuto tra le valvole permise di ottenere una
camera di combustione di superiore compattezza - riducendo così le
perdite per calore - e condotti di aspirazione dall'andamento
verticale rispetto all'asse del cilindro. La maggiore
efficienza di aspirazione (permeabilità) del V6 24 valvole rispetto
al V6 12 valvole era evidente a tutte le alzate valvola. Particolare
importanza venne data pure al raffreddamento della testata, creando
vie di circolazione dell'acqua in grado di far nascere moti
turbolenti in grado di migliorare lo scambio di calore. La
distribuzione del 3 litri V6 24 valvole prevedeva 4 alberi a camme
comandati da una cinghia dentata con relativo tendicinghia e con un
ammortizzatore idraulico avente il compito di frenare le
oscillazioni della cinghia stessa. Gli alberi a camme agivano sulle
valvole tramite bicchierini idraulici che permettevano il controllo
automatico del gioco valvole (punterie idrauliche). Il 3 litri
V6 a 24 valvole, nella sua massima espressione che equipaggiò la
164 più sportiva (la "Quadrifoglio" e la successiva
"Q4"), arrivò ad erogare (in versione catalizzata) 168 kW
(228 CV) che permettevano alla 164 di raggiungere i 245 km/h. Ma
la corsa evolutiva di questo V6, pensato e progettato nei primissimi
anni Settanta, non era ancora finita: l'occasione per un ulteriore
sviluppo venne dal lancio delle versioni 3.2 GTA di 147, 156 e 156
Sportwagon. La cilindrata passò dai precedenti 2959 cc a 3179,
incremento ottenuto sostanzialmente con l'allungamento della corsa
da 72,6 a 78 mm (alesaggio invece immutato: 93 mm); a ciò si
aggiungeva l'adozione di nuovi condotti di aspirazione e di scarico,
di una distribuzione rivista in molti dettagli, di un diverso
impianto di raffreddamento (con l'adozione di un radiatore anche per
l'olio motore) e, ovviamente, di una nuova mappatura della gestione
elettronica. La potenza massima saliva così 250 cv (184 Kw) erogati
a 6200 giri/min., mentre il valore di coppia massima raggiungeva i
300 Nm disponibili a 4800 giri/min. Il tutto con un rapporto di
compressione di 10,5:1. Il risultato fu una 156 GTA in grado di
raggiungere i 250 km/h e di accelerare da 0 a 100 in 6,3 secondi. Da
ricordare, poi, come la versione depotenziata (239 cv) dello stesso
motore venne montata anche sulle Alfa 166, GT, GTV e Spider.
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Materiale
tratto da AUTOTECNICA
giugno
2006
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