Premessa.
Questo
articolo mira prima di tutto a sfatare alcuni diffusi luoghi comuni,
i quali vedono alcune vetture come semplici allestimenti di altre
vetture di marchi diversi, creando così confusione e
disorientamento. Parliamo più precisamente del cosiddetto
"Progetto TIPO", il quale ha partorito quegli schemi di
pianali oggi noti con i nomi di "Tipo4" e di
"Tipo2". Una scelta coraggiosa, ma anche obbligata, da
parte del Gruppo FIAT e che ancora una volta ha tracciato la strada
da seguire. Progetti similari sono stati infatti ripresi anni dopo
da altri grossi gruppi automobilistici (per fare quello che è solo
un esempio, il Gruppo Volkswagen). Vediamo allora un po' di cosa si
tratta.
VSS.
Tutto ha avuto inizio
dall’architetto Renzo Piano e dall'I.de.A. Institute, i quali nel
1981 presentarono un prototipo su base Fiat Ritmo: il prototipo VSS.
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La
sigla stava per "Veicolo Sperimentale a Sottosistemi" ed
era una vettura realizzata secondo un nuovo concetto di produzione,
in base al quale era presente una scocca (anzi un telaio) in acciaio
come elemento strutturale cui potevano essere ancorati pannelli (in
quel caso di materiale plastico) di carrozzeria dalle forme
molteplici ed interi "sottosistemi" prodotti ed assemblati
esternamente come le sospensioni, il gruppo motore-cambio, la
plancia o l'impianto di illuminazione. Il tutto per velocizzare la
produzione e poter proporre contemporaneamente un'intera gamma di
modelli ognuno con la propria caratterizzazione stilistica.
L’estetica del VSS era chiaramente "sperimentale", ma
rendeva chiara l'idea di quali fossero i "sottosistemi"
della carrozzeria:
- il frontale completo di cofano motore;
- le fiancate e la forma dei passaruota;
- le portiere;
- la parte posteriore completa;
- il tetto.
TIPO4: il primo
tentativo. Il VSS piacque e i suoi
concetti furono immediatamente applicati alle vetture allora in
progetto, ovvero alle tre nuove ammiraglie di Fiat, Lancia e Saab.
L'utilizzo di sottotelai semiportanti (per il gruppo anteriore
motore-cambio-sospensioni e per il gruppo sospensioni posteriore),
permise di equipaggiare la scocca, che era comune alle tre vetture,
con due diverse famiglie di propulsori (Fiat e Saab) senza elementi
in comune tra loro: era stato così portato a compimento il progetto
"Tipo4", la cui enorme duttilità venne poi confermata dal
successivo sviluppo dell'Alfa 164, un modello realizzato
autonomamente dall’Alfa Romeo e da Pininfarina utilizzando le
parti già precedentemente sviluppate per Fiat Croma, Lancia Thema e
Saab 9000, accoppiate questa volta ai propulsori Alfa Romeo e ad una
scocca che mostrava un padiglione profondamente ridisegnato.
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L'unificazione
del progetto "Tipo4" si spinse anche alla plancia che, per
quanto concerne i modelli Fiat, Lancia e Saab, utilizzava la stessa
impostazione di base e gli stessi impianti di
ventilazione-climatizzazione. Ad esclusione della 164 (disegnata da
Pininfarina con una impostazione classica a tre volumi),
l'impostazione estetica dei modelli del progetto "Tipo4"
fu studiata da Giugiaro, il quale riuscì a realizzare un padiglione
(portiere comprese) dal design estremamente "neutro",
ovvero che non richiamasse alla tradizione di nessuno dei tre
marchi. Il compito di caratterizzare esteticamente le tre ammiraglie
era svolto dalle porzioni anteriore e posteriore e dall'impostazione
della carrozzeria che era a due volumi e mezzo con portellone per i
modelli Fiat Croma e Saab 9000 ed era invece una classica tre volumi
per la Lancia Thema (impostazione, quest'ultima, utilizzata poi
anche da Saab per le successive evoluzioni della sua 9000). Globalmente
il progetto riuscì benissimo, i quattro modelli (seppur con
parecchi difetti di gioventù) riuscirono ad affermarsi e,
soprattutto nelle loro ultime evoluzioni, raggiunsero il vertice dei
rispettivi segmenti di mercato grazie a finiture curate e ad una
difettosità pressoché scomparsa.
TIPO2: il
progetto definitivo.
Gli
ottimi risultati del progetto "Tipo4" incoraggiarono il
Gruppo Fiat a perseverare, proseguendo lo sviluppo di un progetto
ancora più ambizioso: realizzare un'intera famiglia di vetture di
classe media, con carrozzeria a due e tre volumi e con
caratteristiche specifiche per i marchi Fiat, Lancia ed Alfa Romeo.
Successivamente,
ai concetti iniziali si aggiunse l'utilizzo della trazione integrale
e la possibilità di creare versioni a tre porte dei modelli a due
volumi, potendo di riflesso realizzare anche vetture sportive (coupé
e spider). Il progetto era conosciuto come "Tipo2" e fu
sviluppato con la collaborazione dell'I.de.A. Institute. Come
già sperimentato con il "Tipo4", la creazione di un
pianale con tali caratteristiche impose il superamento di ostacoli
di notevole entità, soprattutto in previsione dell'installazione di
propulsori particolarmente potenti, i quali richiedono alla scocca
ed al pianale adeguata rigidità alle sollecitazioni.
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Per
il montaggio del gruppo anteriore propulsore-cambio-sospensioni, si
optò per la stessa soluzione scelta per le ammiraglie (Tipo4),
ossia l'ancoraggio delle sospensioni e in parte anche del gruppo
motore-cambio ad un telaio semiportante, da assemblare
successivamente alla scocca. Per rendere agevole l'installazione di
unità motrici differenti (per lay-out e per volumetria), fu
studiato un vano anteriore con le pareti estremamente regolari. La
scelta di utilizzare anteriormente lo schema McPherson fu
fondamentale al fine di limitare l'ingombro in senso trasversale
delle sospensioni stesse e permettere di sviluppare al massimo in
larghezza il vano. Deputati ad assorbire l’energia, in caso di
impatto frontale, erano l'estremità dei longheroni anteriori ed una
traversa inferiore a cui erano ancorati i paraurti. Il
"sottosistema" del frontale (calandra, gruppi ottici e
traversa superiore) era anch'esso separato dalla scocca e poteva
essere realizzato specificatamente per ogni modello. Posteriormente
era previsto un ulteriore telaietto ausiliario che fungeva da
struttura portante per le sospensioni. Ciò avrebbe consentito il
montaggio di sospensioni dalle molteplici geometrie, ovviamente nel
rispetto dell'ingombro previsto in origine. Il passo fu stabilito in
2540 mm, una misura notevole per vetture del segmento C ed
altrettanto "importante" anche per le berline del segmento
superiore. Per raffronto, la Volkswagen Golf IV, presentata dieci
anni dopo la Tipo e appartenente allo stesso segmento di mercato,
aveva un passo di "appena" 250 cm. La
disposizione delle componenti della plancia seguiva per tutti i
modelli (ad eccezione della Fiat Tipo che montava un cruscotto dalla
struttura semplificata) le medesime regole. È possibile dividere il
cruscotto in quattro parti principali: una parte superiore, la
fascia centrale, la console e la porzione inferiore. Superiormente
ritroviamo, a sinistra ed al centro, gli alloggiamenti per la
strumentazione, una bocchetta d’aerazione di grandi dimensioni
realizzata in funzione del montaggio del climatizzatore, le feritoie
per lo sbrinamento dei cristalli; poi, sul lato destro, un ripiano
porta oggetti e, alle estremità, gli alloggiamenti degli
altoparlanti anteriori. La fascia centrale racchiude quattro
bocchette ad altezza dei passeggeri per il condizionamento. La
console centrale presenta i comandi della climatizzazione, una zona
immediatamente inferiore disponibile per alloggiare comandi
ausiliari, il portacenere con accendisigari e, in basso,
l'autoradio. La porzione inferiore contiene il vano
portaoggetti, sul lato destro, mentre a sinistra c'è il sensore di
temperatura del climatizzatore automatico ed una zona all'estrema
sinistra che cela alcuni particolari dell'impianto elettrico.
Centralmente, dopo il cambio, è previsto l’alloggiamento di
alcuni comandi secondari (retrovisori e/o alzacristalli posteriori)
e, tra gli schienali dei sedili anteriori, una bocchetta d'aerazione
supplementare dedicata ai passeggeri posteriori. Questa la
disposizione di massima della plancia. Le Alfa Romeo 145/146
presentavano un cruscotto concavo sul lato destro (privo di ripiano
porta oggetti) e le bocchette d'aerazione, destra e sinistra, poste
sui pannelli porta anziché alle estremità della plancia stessa. Da
segnalare l'utilizzo di levette multifunzione illuminate ai lati del
volante. La leva di destra raggruppava i seguenti comandi:
- interruttore lunotto termico (estremità);
- tergicristallo a due livelli di intermittenza (regolabili
attraverso una ghiera) e a due velocità continue, con la possibilità
di effettuare una singola battuta per la pulizia del parabrezza
(leva spostata in alto);
- tergilunotto ad una velocità intermittente, attivabile ruotando
una seconda ghiera;
- lavavetro, per azionarlo bisognava tirare la leva verso il
volante;
- lavalunotto, attivabile spingendo la leva verso la plancia.
La leva a sinistra prevedeva tutte le funzioni tipiche del comando
devioluci e il pulsante dei fari retronebbia. L'apparente eccessiva
complessità delle funzioni delle levette e la forma non proprio
amichevole del particolare in sé ne rendevano complesso e poco
intuitivo l'utilizzo durante le prime volte di utilizzo. Le levette
multifunzione non furono utilizzate per la Fiat Coupé, le Alfa
Spider/Gtv e le Fiat Bravo, Brava e Marea. Il ricambio d'aria
nell'abitacolo era affidato a due impianti di ventilazione, uno
semplificato privo del ricircolo ed uno con ricircolo a comando
elettrico o manuale. Erano poi disponibili un climatizzatore
manuale, uno automatico e, nei primi anni, anche un riscaldatore
automatico, dotato della stessa mascherina del climatizzatore ma
privo, ovviamente, del comando del compressore. Infine fu approntato
anche un climatizzatore a comando semi-automatico che non gestiva la
distribuzione dei flussi. Tutti gli impianti erano dotati di filtro
antipolline. Riassumendo, derivarono dal progetto "Tipo2"
(in ordine cronologico): Fiat Tipo 5 porte, Fiat Tempra, Lancia
Dedra, Alfa Romeo 155, Fiat Tipo 3 porte, Lancia Delta II, Fiat Coupè,
Alfa Romeo Spider, Alfa Romeo Gtv, Lancia Delta HPE, Alfa Romeo 145,
Alfa Romeo 146, Fiat Bravo, Fiat Brava, Fiat Marea.
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Sul fronte motoristico, il
pianale "Tipo2" fu in grado di ospitare:
- undici unità Fiat a quattro cilindri aspirati e turbo, benzina e
diesel (1108cc, 1242cc, 1372cc, 1581cc, 1596cc, 1747cc, 1756cc,
1995cc, 1697cc diesel 1910cc diesel e 1929cc diesel);
- una unità Fiat a cinque cilindri (1998cc aspirato e turbo);
- una unità VM a quattro cilindri a gasolio (2500cc);
- tre unità Alfa Romeo a quattro cilindri "Twin Spark"
(1749cc, 1773cc, 1995cc);
- quattro unità Alfa Romeo a quattro cilindri "Twin Spark"
aventi basamento di derivazione Fiat e testata specifica per Alfa
Romeo (1370cc, 1598cc, 1747cc, 1970cc);
- quattro unità Alfa Romeo a quattro cilindri "Boxer"
disposte longitudinalmente (1351cc, 1596cc, 1712cc);
- tre unità Alfa Romeo a sei cilindri (1996 cc turbo, 2492cc,
2959cc).
È bene ribadire che, a
parte l'ultima famiglia di
motori Alfa Romeo "Twin Spark", realizzata su basamento
Fiat, tutte le restanti gamme di propulsori Fiat ed Alfa Romeo non
erano assolutamente imparentate tra loro ed erano state sviluppate
in tempi in cui le due aziende erano indipendenti. Nonostante le
enormi differenze in termini di lay-out (i boxer Alfa furono montati
addirittura longitudinalmente con cambio in linea, mentre tutti gli
altri motori avevano una disposizione motore-cambio trasversale), i
tecnici, con grandissima maestria, riuscirono ad adattarli al vano
motore del telaio "Tipo2". E' stato un lavoro, sotto il
profilo ingegneristico, che nessun altro costruttore ha più avuto
il "sangue freddo" di fare. Oggi i concetti introdotti dal
VSS sono stati assimilati pienamente da tutti i costruttori europei.
L'integrazione operata da Fiat (che, lo ricordiamo, è stata
apripista in questo campo correndo tutti rischi tipici delle
"avanguardie industriali" e pagandone anche il prezzo) è
stata ben sfruttata dagli altri costruttori, i quali hanno saputo
trasformare questa tecnologia in una autentica miniera d'oro. Forse
sarebbe bastato veramente poco per far sì che anche il
"Tipo2" diventasse un grande successo pure per quanto
riguarda l'immagine del Gruppo. Magari curare di più il marketing,
magari far esordire prima i modelli Alfa Romeo e Lancia e poi i
modelli Fiat (che nell'immaginario collettivo sono i meno
caratterizzati tecnicamente), anticipando ciò che di fatto ha poi
realizzato il gruppo Volkswagen facendo esordire prima i modelli
Audi, successivamente i modelli Vw ed infine farne derivare modelli
Skoda. Purtroppo
ciò non è stato possibile: non si poteva prolungare ulteriormente
la vita della Fiat Ritmo, dell'Alfa 33, della vecchia Lancia Delta
o, peggio, dell'Alfa 75. Sono stati modelli per i quali la
produzione si è protratta troppo a lungo - rispettivamente 10, 12,
14 e, nel caso del pianale dell'Alfa 75, addirittura 20 anni - tanto
da diventare indispensabile sostituirli al più presto. Il "progetto TIPO", dunque, da vedere non come semplice
"vestizione" di nuovi modelli sulle spoglie di altri
precedenti, ma come un vero e proprio progetto integrato, con
specifiche ed architetture ben definite al momento della sintesi del
sistema.
settembre 2003
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