Premessa.
Sinteticamente,
il rendimento rappresenta il rapporto tra quanto si ottiene e quanto
si spende in un trasferimento di energia. Ad esempio, se la potenza
prelevata dal motore (spesa) è 50 kW e quella uscente dal cambio
(ottenuta) è 49 kW, il cambio, in quella certa marcia, ha un
rendimento pari a (49/50) = 0,98. Spesso si esprime in percentuale,
in tal caso il risultato va moltiplicato per 100 (nell'esempio, 0,98
x 100 = 98%). In questo caso si è trattato di energia meccanica sia
in entrata che in uscita e la differenza è stata dissipata sotto
forma di energia termica (il calore provocato dagli attriti della
trasmissione). In altri casi si può fornire energia di un tipo e
ricavarne di un altro; ad esempio, nel bilancio globale del motore
entra energia chimica (del combustibile), esce energia meccanica
(utile) e viene dissipata energia termica (allo scarico e per il
raffreddamento). Utilizzando unità equivalenti di potenza e di
lavoro (in un dato tempo), si può ricavare il rendimento della
trasformazione. Per il motore, il rendimento globale comprende il
rendimento termodinamico del ciclo teorico di funzionamento (Otto o
Diesel), il rendimento del ciclo effettivo rispetto a quello ideale
e il rendimento meccanico (attrito tra le parti in moto relativo e
resistenza fluidodinamiche per il pompaggio dei gas, oltre alle
perdite per azionare gli organi accessori quali la pompa acqua,
l'alternatore, ecc.). Il
rendimento globale di un mezzo di trasporto può essere calcolato,
per determinate condizioni di impiego (velocità, pendenza, carico
trasportato, ecc.), rapportando il lavoro ricavato al carburante
consumato, naturalmente sempre esprimendo tutto in unità di misura
compatibili. Per migliorare il
rendimento, a livello motoristico, si devono ridurre gli attriti
interni, le perdite di pompaggio (da cui i variatori di fase e i
motori lean burn con la gestione elettronica del titolo della
miscela, che funzionano spesso a farfalla completamente aperta) e
alzare i rapporti di compressione per migliorare il ciclo
termodinamico. A livello
"esterno" occorre ugualmente ridurre gli attriti
(cuscinetti, ecc.), ridurre la resistenza al rotolamento degli
pneumatici e utilizzare carrozzerie aerodinamiche. Quanta parte
dell'energia immessa nel serbatoio sotto forma di combustibile
finisce alle ruote per muovere l'automobile? Non stupitevi: in un
motore a benzina soltanto il 28%, in un diesel si arriva al 38%. Ma
questo nel migliore dei casi, se viaggiamo a velocità costante, con
posizione dell'acceleratore e numero di giri corrispondenti al punto
di maggior rendimento del motore. Nella
realtà, se misuriamo il consumo di un giorno e i cavalli trasmessi
alle ruote istante per istante, la resa si dimezza, perché i motori
delle automobili sono costretti a funzionare con numero di giri e
posizione dell'acceleratore variabili continuamente. E' stato
calcolato che le auto a benzina, usate in città, hanno un
rendimento energetico del 14-16%. Per le auto diesel, impiegate in
ambito urbano, il rendimento sale al 21-22% (che è pur sempre il
30% in più del gemello a benzina). Il che significa che per inviare
un chilowatt di potenza alle ruote, il motore termico deve
dissiparne altri quattro nell'ambiente attorno a sé, in forma di
calore.
Forme di energia.
Quando
si parla di rendimento del motore, cioè di una macchina che produce
energia meccanica, bisogna sempre valutare la forma di energia in
ingresso. Se si tratta di un combustibile (benzina, gasolio, gas
liquido, idrogeno da bruciare...), l'energia immessa è di tipo
chimico e con la combustione viene convertita in calore. Questo - a
sua volta - fa crescere la pressione dei gas sul pistone che -
infine - la trasforma in energia meccanica, cioè in una forza per
uno spostamento oppure in una coppia per un numero di giri. Se
riusciamo a saltare il passaggio attraverso il calore (per esempio,
se usiamo idrogeno ma non lo bruciamo e lo convertiamo chimicamente
in energia elettrica mediate una fuel cell), il rendimento cresce.
Infatti, in una pila a combustibile può toccare il 56%. Se
invece partiamo da una fonte di energia ancor più pregiata - come
quella elettrica - il rendimento può arrivare anche al 96% (valore
misurato nei motori sincroni brushless delle auto solari); e
comunque parte da un (apparentemente) discreto 55%, come nel
motorino d'avviamento. In
definitiva, i rendimenti si innalzano se immettiamo forme di energia
via via più raffinate. La più comune è l'energia termica, cioè
il calore, e il rendimento dei motori che trasformano l'energia
termica in pressione dei gas viene definito termodinamico. Quando
si confrontano vari tipi di motore e i loro rendimenti, si deve
partire da forme di energia uguali. Per esempio, il motore diesel e
quello a benzina utilizzano combustibili diversi, ma producono
entrambi energia termica, quindi sono confrontabili. Non è invece
corretto paragonare un motore termico con uno elettrico, perché
l'energia elettrica è una forma di energia raffinata quasi quanto
quella meccanica. Anzi, per certi versi è migliore: può infatti
essere trasportata a distanza, con piccole perdite.
Calore.
Arriviamo
ora alla domanda fondamentale: perché, quando si passa attraverso
il calore, il rendimento è basso? Fisici e ingegneri lo
spiegherebbero citando il secondo principio della termodinamica. Più
semplicemente, possiamo dire che il calore è una fonte di energia
parzialmente degradata, o meglio è la forma finale verso cui
tendono tutte le altre energie più nobili dopo il loro impiego. Per
esempio, dopo aver toccato i 300 Km/h in un rettilineo, tutta la
potenza di un motore di F.1 si riduce a quattro dischi roventi, alla
prima frenata. Risalire dal calore verso energie più pregiate costa
caro, nel senso che occorre tanto calore per spremere un po' di
energia meccanica che rappresenta, appunto, una forma pregiata. Ma non tutto il calore è uguale:
quello che ha temperatura maggiore vale di più, quello a
temperatura ambiente vale zero; ciò che conta è dunque la
differenza con la temperatura dell'ambiente. In
una macchina termica, cioè in un motore, il rendimento
termodinamico dipende dalla differenza fra la temperatura più alta
sviluppata nella combustione e quella dell'aria che circonda il
motore. Poiché non è possibile abbassare la temperatura
dell'ambiente (in realtà, è solo molto costoso), per aumentare il
rendimento è necessario far crescere la temperatura della
combustione. Questo si può ottenere in vari modi: il più semplice
è quello di aumentare il rapporto di compressione, il più
complicato è quello di aggiungere un turbocompressore, il più
ricercato è quello di modificare la natura del combustibile. Il rendimento termodinamico del motore
diesel è più elevato perché parte da un rapporto di compressione
che vale 17:1 e può arrivare fino a 22:1, mentre il motore a
benzina non può superare 11:1.
Energia, dove vai?
Altra
domanda: dove va a finire l'energia termica che non viene convertita
in energia meccanica? Osservando le due illustrazioni che seguono,
vediamo che il motore, per il solo fatto di essere caldo (a seconda
delle parti la sua temperatura varia tra 80 °C e 250 °C), disperde
continuamente un po' di calore verso l'esterno (irraggiamento).
Questa energia vale il 2%
di quella contenuta nella benzina.
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C'è
poi l'impianto di raffreddamento che ha il compito preciso di
mantenere i cilindri al di sotto della temperatura sopportabile dai
metalli. Con i materiali e i lubrificanti moderni si possono toccare
anche i 185 °C sulle pareti dei cilindri e contenere l'usura di
pistoni e fasce elastiche in modo da garantire una durata di almeno
200 mila chilometri. L'impianto di raffreddamento viene quindi
progettato in modo da non far superare queste temperature, ma ha
anche il compito di non raffreddare troppo, altrimenti la
combustione non potrebbe raggiungere la temperatura ottimale. In un
motore a benzina, il radiatore si porta via circa il 25%
dell'energia posseduta dal combustibile; in un diesel questo valore
è un po' minore e, infatti, questo propulsore impiega più tempo a
scaldarsi. L'energia
contenuta nel liquido di raffreddamento possiede un discreto valore
poiché, nel radiatore, mantiene una temperatura vicina ai 100 °C.
Per esempio, può scaldare un piccolo appartamento. Purtroppo, in
auto viene utilizzata solo nei periodi invernali, mentre in quelli
estivi viene dispersa. Anzi, d'estate, per raffreddare l'abitacolo,
si ricorre ad un condizionatore, cioè ad una macchina che utilizza
energia meccanica per sottrarre calore. Il costo energetico di
"un grado in meno" è tre volte maggiore di quello di
"un grado in più". La fetta più importante di energia
viene però dispersa attraverso il tubo di scarico. E si
tratta anche di energia di un certo pregio. Infatti, i gas
possiedono ancora energia dinamica (velocità e pressione) e hanno
una temperatura di almeno 250 °C, che può toccare anche i 450 °C.
Il modo più intelligente per sfruttare questa energia è quello di
utilizzarla per azionare un turbocompressore. E' come se una fetta
di questa energia venisse prelevata dal tubo di scarico e trasferita
alle ruote. In realtà,
ciò che si recupera col turbo non è tutto gratuito. Anzi, il turbo
introduce tre nuovi problemi. Primo, provoca una strozzatura nel
tubo di scarico e quindi una contropressione che rallenta l'uscita
dei gas dal cilindro. Secondo, invia al motore aria a pressione più
elevata e quindi, alla fine della combustione, si avranno anche gas
di scarico a pressione maggiore (contengono maggiore energia che
alla fine non viene recuperata). Terzo, la combustione tocca punte
di pressione elevate, che il motore a benzina non sopporta sempre
volentieri: alludiamo al pericolo della detonazione, che limita
grandemente l'impiego dei turbocompressori nei motori a ciclo Otto.
Nei diesel, invece, il turbo non ha tutte queste controindicazioni.
Primo, perché il gasolio non teme la detonazione (tutta la
combustione del gasolio somiglia ad una detonazione). Secondo, perché
manca la farfalla, quindi il motore funziona sempre a piena
ammissione, così che il turbo ha sempre a disposizione una quantità
notevole di gas e non è necessario introdurre strozzature per
aumentarne artificialmente la velocità (come invece nei
"benzina"). Rimane la perdita dovuta alla maggior
pressione dei gas di scarico, che però viene compensata dal fatto
che il diesel accetta una gran quantità di aria in eccesso e senza
limiti di pressione. In
definitiva, l'energia dispersa dai gas di scarico di un diesel è
solo il 32% di quella contenuta nel gasolio (contro il 40% dei
"benzina"). Ciò è vero nonostante la pressione di
combustione sia quasi il doppio di quella che si tocca in un motore
a benzina: la differenza deriva dalla minor temperatura dei gas
dovuta alla elevata quantità di aria presente. Infine,
ci sono: le perdite interne al motore, dovute agli attriti, e
gli assorbimenti di potenza per comandare gli organi necessari al
funzionamento del motore stesso. In
un motore a benzina valgono mediamente il 5% mentre in un diesel il
7%. Ma certe pompe di iniezione, da sole, si mangiano 15 cv su 130,
cioè oltre l'11%. Inutile dire che queste perdite si manifestano,
alla fine, sotto forma di calore che viene disperso dai vari organi
del motore verso l'ambiente esterno. Il
numero dei cilindri influenza l'entità degli attriti interni: più
è alto, maggiori sono le perdite. Ciò è dovuto al fatto che
aumentano le superfici cilindriche soggette a contatto (il minimo
attrito si ha - a parità di cilindrata - con un motore a un solo
cilindro), ma soprattutto aumentano le camme, le valvole, le molle e
tutti gli organi striscianti con moto alterno. Il
vantaggio di un elevato frazionamento nei motori a benzina è dovuto
alla possibilità di ruotare a regimi più elevati e di ottenere
perciò più potenza. Nei diesel, invece, è dovuto al miglior
bilanciamento e alle minori vibrazioni che contraddistinguono i
motori pluri-cilindrici.
Assorbimento della potenza.
Dove
vanno a finire i cavalli? La domanda, legittima, riguarda la fine
che fa la potenza trasmessa alle ruote. La risposta è che tutto
finisce sempre in calore, ma la spiegazione dei passaggi intermedi
aiuta grandemente a capire come risparmiare carburante. Intanto, è
importante notare che a 130 Km/h oltre il 70% della potenza viene
impiegata per vincere la resistenza aerodinamica (vedi il grafico
che segue, alla voce "Autostrada") e che questa cresce con
il quadrato della velocità. Ciò vuol dire che, se a 60 Km/h la
resistenza dell'aria assorbiva 8 cavalli, quando si passa a 120 Km/h
ne occorrono 32.
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Diverso
è il comportamento degli attriti. Quello degli pneumatici
sull'asfalto è (quasi) proporzionale alla velocità ed è molto
influenzato dal peso del veicolo, mentre quello dovuto a perdite
nella trasmissione è di minor entità ed è proporzionale alla
velocità. Dall'esame del comportamento in autostrada si ricava che
con vetture di minor sezione frontale e con migliore Cx si possono
ridurre facilmente i consumi del 30 - 40%. Ma questo compete ai
progettisti. Tuttavia, anche il guidatore può ottenere gli stessi
risparmi, riducendo di 20 - 30 Km/h la velocità di marcia. In città,
l'aerodinamica assorbe solo il 5% della potenza, mentre attriti
degli pneumatici e perdite di cambio e trasmissione dissipano in
totale il 30%. Appare, per la prima volta, la potenza spesa per
accelerare, cioè quella che il motore deve erogare in più alle
ruote per far crescere la velocità di marcia (accelerare significa
variare la velocità in un determinato tempo). Nella marcia in città,
mediamente, questa potenza vale il 65% del totale. Effettuando
accelerazioni brucianti, la percentuale sale ancora di più. Per
risparmiare bisogna invece accelerare meno. Da cosa dipende la
potenza spesa per accelerare? Innanzitutto dalla massa del veicolo e
poi dall'accelerazione che gli imprimiamo, che dipende da quella che
il motore ci mette a disposizione. Che fine fa la potenza spesa per
accelerare? Bella domanda: finisce in calore sui freni, al primo
semaforo. Quindi viene completamente buttata via, oppure rimane (in
parte) "di competenza" della carrozzeria, sotto forma di
energia cinetica, finché viene mantenuta la velocità raggiunta. Il
consiglio, ovvio, è quello di guidare riducendo al massimo la
necessità di accelerare e anche quella di frenare (che dissipa per
sempre l'energia posseduta). Nell'ultimo istogramma (alla voce
"Media") è rappresentata la media generale, considerando
il 50% di marcia a velocità autostradale e il 50% in città. Come
è ben chiaro, aerodinamica e accelerazioni - insieme - bruciano
oltre il 70% della benzina consumata. E sono entrambe molto
influenzabili dal tipo di guida. In altre parole, guidando con
accortezza si può risparmiare anche il 40%.
Questo
articolo è una rielaborazione (ampliata in più punti)
dell'originale realizzato da Enrico De Vita per la rivista AUTO, da
cui sono tratte le immagini inserite in questa pagina.
ottobre
2004
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