Premessa.
L'arrivo
sul mercato, a metà 2002, della prima leggera ristilizzazione di
156 e Sportwagon, è per l'Alfa Romeo l'occasione per lanciare nei
propri listini una nuova tecnologia motoristica, destinata ad avere
poi largo seguito. La sigla
identificativa di questa tecnologia è "JTS" e la
cilindrata scelta per il suo primo debutto è stata la 2000 cc. La
sigla JTS sta per "Jet Thrust Stoichiometric" e l'esatta
comprensione del suo significato non può che passare per alcune
necessarie considerazioni preliminari.
I motori "lean-burn" (motori a combustione magra).
Innanzitutto,
sarà bene ricordare come la miscela aria-carburante nella camera di
combustione riesca ad accendersi in modo ottimale solo quando le
particelle di aria e di combustibile si trovano uniformemente
mescolate tra di loro in una ben precisa proporzione. Tale
proporzione rappresenta il cosiddetto "rapporto
stechiometrico" (anche detto "lambda=1"), pari a
14,7/1 : per la completa combustione di 1 Kg di benzina, quindi,
sono teoricamente necessari 14,7 Kg di aria. Se, a pari quantità
d'aria, i contenuti di benzina decrescono, l'accensione diventa
sempre più problematica; infatti, in una miscela "magra"
(cioè, una miscela con un eccesso d'aria) e perfettamente omogenea,
le particelle di combustibile presenti nella camera saranno
distanziate tra loro e, nei casi estremi, si arriverà al punto che
la fiamma troverà difficoltà a trasferirsi da un nucleo di fuoco
all'altro. Questo è il motivo per cui nei motori tradizionali non
si può smagrire la carburazione oltre certi limiti, pena il
funzionamento irregolare del propulsore e la marcia a singhiozzo
dell'auto. Questa regola è stata parzialmente derogata dalla
nascita dei motori "lean-burn" (di prevalente sviluppo
giapponese), in grado di assicurare combustioni stabili anche con
una miscela relativamente magra, cioè con un rapporto
aria-carburante anche più alto del rassicurante valore
stechiometrico (14,7/1). La messa a punto di tali motori fu la
conseguenza delle crisi energetiche degli anni Ottanta e portò ad
ottenere moderati risparmi di combustibile (10-15%) quando le
vetture marciavano alle basse e medie utilizzazioni di giri motore e
di coppie. E' ovvio che nel caso dei motori lean-burn,
l'imperativo categorico che animò i progettisti giapponesi fu
sempre quello di evitare la dispersione uniforme della benzina nella
camera di combustione, studiando soluzioni atte a tenere il più
possibile ravvicinati i corpuscoli di combustibile. Ciò allo scopo
di realizzare "localmente" (e in prossimità della
candela) proporzioni di aria e di benzina prossime al rapporto
stechiometrico: un po' come creare tante piccole "isole"
(tra loro separate) di miscela a rapporto stechiometrico. Al di
fuori di queste zone (o, se preferite, isole), i vapori di benzina
erano sempre più rarefatti rispetto all'aria e la loro accensione
poteva avvenire solo a seguito dell'avvio della combustione nelle
varie "isole" stechiometriche presenti attorno alla
candela. Era così nata la
cosiddetta "carica stratificata", per realizzare la quale
si dovette ricorrere soprattutto a particolari geometrie dei
condotti di aspirazione. Ed è
proprio da qui che nasce la comune distinzione tra "motori
stratificati" (con combustione stratificata) e "motori
stechiometrici" (con combustione stechiometrica). Da
sottolineare, però, che quando si parla di "motori
stratificati", in realtà ci si riferisce a motori che
presentano una carica stratificata solo in alcune zone del piano
coppia-giri del motore, cioè le zone basse e medie. Infatti,
sulla strada, il rendimento dei motori lean-burn era positivo solo
se il motore veniva impiegato alle basse e medie utilizzazioni. Ciò
accadeva perché non appena l'acceleratore veniva angolato oltre
certi valori, le proporzioni della miscela aria-benzina dovevano
necessariamente essere riportate ai valori tradizionali: in caso
contrario, vi sarebbero stati grossi rischi per l'integrità del
motore a causa delle pericolose temperature che, in presenza di
miscela magra, si sarebbero raggiunte nella camera di combustione. A
tale scopo, si progettavano i condotti di aspirazione in modo tale
che all'aria in ingresso al motore fossero impresse turbolenze tali
da ridurne la portata: il che, appunto, si traduceva in una perdita
di prestazioni nel funzionamento del motore ai regimi alti e
medio-alti. Tra l'altro, il
sistema di alimentazione di questi motori lean-burn era del tipo
tradizionale, cioè con l'iniettore disposto nel collettore di
aspirazione: ciò faceva sì che il motore fosse soggetto a
criticabili condizioni di funzionamento quali il bagnamento delle
pareti dei collettori e conseguenti situazioni di smagrimento e
arricchimento della miscela aria/benzina che finivano con
l'aumentare le emissioni inquinanti e con il peggiorare i consumi. Proprio allo scopo di risolvere questi
ultimi problemi, si decise di ricorrere all'iniezione diretta,
spostando la "gettata" del combustibile dal collettore di
aspirazione alla camera di combustione.
L'iniezione diretta in generale e l'iniezione diretta stratificata.
In
generale, i vantaggi derivanti dall'impiego dello schema di
iniezione diretta sono notevoli. Infatti,
la benzina viene spruzzata direttamente nella camera di combustione
e ciò raffredda l'aria più di quanto non avvenga nei propulsori
tradizionali (in cui, invece, gli abbassamenti di temperatura
interessano soprattutto i collettori di aspirazione). La carica
entrante si raffredda e, di conseguenza, aumenta la densità
dell'aria, con la conseguenza che si incrementa il grado di
riempimento del motore e, quindi, si hanno apprezzabili aumenti
prestazionali. Inoltre,
l'iniezione diretta dà la possibilità di aumentare il rapporto di
compressione del motore, in quanto la ridotta temperatura della
camera di combustione allontana il rischio di detonazione (cioè, il
rischio del cosiddetto "battito in testa"). Tra l'altro,
tutto questo si traduce in un incremento della pressione media
effettiva del motore pari a circa il 10%, con una conseguente
riduzione dei consumi pari a circa il 4-5%. E sempre sul fronte
dei consumi di carburante, si può aggiungere che qualche ulteriore
vantaggio deriva dalla possibilità di allungare i rapporti del
cambio in proporzione all'incremento di coppia ottenuto rispetto ad
una corrispondente versione a iniezione indiretta. In definitiva,
l'iniezione diretta è in grado di garantire maggiore potenza e
minori consumi. In più, la tempestività dell'arrivo del
combustibile nella camera di combustione si traduce anche in una
maggiore prontezza di risposta del motore. Ma
in realtà, l'incremento prestazionale (potenza, coppia e prontezza
di risposta) garantito dall'iniezione diretta viene notevolmente
attenuato se ad essa viene affiancato l'uso del sistema della carica
stratificata (soluzione adottata dai progettisti giapponesi). Infatti, la necessità di imprimere
all'aria aspirata dal motore le turbolenze utili a ridurre la
portata dell'aria stessa (ed evitare così il grave rischio che lo
smagrimento della miscela si protragga anche ai regimi alti e
medio-alti) e a irreggimentare i movimenti delle particelle di
combustibile, si traduceva in un decremento prestazionale: alla
fine, la sensazione di brillantezza dei motori a iniezione diretta
stratificata era inferiore a quella dei tradizionali propulsori ad
iniezione indiretta stechiometrica.
L'anima del 2.0 JTS.
Proprio
tenendo conto di tutto ciò, i tecnici Alfa decidono di
intraprendere una strada differente dai loro omologhi giapponesi,
scegliendo di scartare sin dall'inizio l'ipotesi dell'adozione di
una iniezione diretta stratificata (la quale avrebbe sì portato ad
una riduzione dei consumi ma anche ad un notevole decremento
prestazionale in termini di potenza, coppia e prontezza del
propulsore) e optando per la messa a punto di una iniezione diretta
prevalentemente stechiometrica, cioè funzionante prevalentemente
con carica omogenea (nel senso di "non stratificata") e
miscele stechiometriche (cioè, miscele con rapporto aria-benzina
pari al rapporto stechiometrico: 14,7/1). Ma andiamo per
ordine. La cilindrata prescelta
per il primo JTS dell'Alfa è sempre la 1970 cc dei precedenti
motori Twin Spark 2000 cc impiegati dalla Casa. Per
realizzare l'iniezione diretta, i tecnici si trovano costretti a
progettare una nuova testa cilindri, nuovi stantuffi, nuovi
alberi a camme e un nuovo impianto di scarico, oltre a tanti altri
particolari secondari.
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Il risultato è un propulsore che può
usufruire di un rapporto di compressione 11,25:1. Anche le fasature
della distribuzione sono inedite, sia per quanto riguarda le alzate che
per quanto riguarda gli incroci. Ovviamente,
però, la principale novità consiste proprio nel sistema di
alimentazione. Infatti, nei
tradizionali motori ad iniezione indiretta (cosiddetti "PFI",
Port-Fuel-Injection), la benzina è spruzzata nel collettore di
alimentazione aria: quindi, in questi propulsori il combustibile viene
iniettato all'esterno della camera di combustione e le pompe elettriche
di alimentazione sono chiamate a fornire una pressione massima di 3,5
bar contro i 100 bar e oltre occorrenti invece per i motori ad iniezione
diretta (cosiddetti "GDI", Gasoline Direct Injection), in cui
il combustibile viene iniettato direttamente all'interno della camera di
combustione. Nell'immagine che segue, è possibile osservare l'iniettore
laterale, le quattro valvole, la candela centrale e lo stantuffo del 2.0
JTS.
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L'adozione dell'iniezione diretta
stechiometrica permette all'Alfa di migliorare notevolmente le
prestazioni del già valido 2.0 Twin Spark, consentendo di raggiungere
la potenza massima di 165 cv al regime di 6400 giri/minuto, con un
incremento (rispetto al 2.0 TS) del 10% sulle potenze massime: un
incremento che, in pratica, si può fare corrispondere ad un aumento di
cilindrata di 300 cc circa del motore base. Ma ancora più interessanti
sono le prestazioni ai bassi regimi, in quanto il 2.0 JTS è in grado di
sviluppare una coppia massima di 201 Nm a soli 3250 giri/minuto contro i
181 Nm del 2000 TS che, tra l'altro, li eroga a 4200 giri/minuto. Ebbene, al momento del debutto, la
considerazione che qualche motore di tipo corsaiolo della concorrenza
ottiene la prestazione massima a regimi ben superiori ai 7000
giri/minuto porta a classificare questo 2 litri Alfa Romeo come il 4
cilindri aspirato più potente del mondo per la sua potenza specifica
massima di 61 Kw per litro di cilindrata ottenuta poco sopra i 6000
giri/minuto. Esaminando da vicino la testa cilindri, è possibile
notare come ogni condotto di aspirazione si sviluppi in modo
praticamente rettilineo e in modo molto inclinato rispetto ad un piano
orizzontale.
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Viene
in questo modo ad essere favorito il riempimento del cilindro, con
un conseguente riscontro positivo sul rendimento e sulle prestazioni
complessive del propulsore.
L'iniezione diretta semi-stratificata del 2.0 JTS.
Per
comprendere a fondo l'ottimo lavoro svolto dai tecnici del Biscione,
non si può trascurare un altro importante aspetto del motore 2.0
JTS. Sarà però opportuno fare
una fondamentale premessa. Ridurre
sino ai limiti di legge le emissioni inquinanti di un motore
funzionante con miscele magre e carica stratificata (motori
lean-burn) è una questione molto complessa. In tali motori,
infatti, la classica marmitta catalitica a tre vie o trivalente
(definita in questi due modi perché consente di eliminare tre
sostanze inquinanti: CO, HC e NOx) non è in grado di
abbattere a sufficienza gli ossidi di azoto (NOx), a
causa del fatto che la sua funzionalità diminuisce quando il
rapporto aria/benzina si allontana dal rapporto stechiometrico
(14,7/1). Il problema della purificazione degli ossidi di azoto
dai motori a combustione magra (lean-burn), allora, è stato
affrontato dalle case automobilistiche giapponesi (in cui,
ricordiamo, il motori lean-burn sono stati inizialmente messi a
punto) con l'impiego di marmitte catalitiche (cosiddette "DeNOx")
capaci di assorbire anche gli ossidi di azoto (NOx). Tale soluzione non ha creato
particolari problemi in Giappone, ma così non è stato né in
Europa né in Nord America. Infatti, le benzine qui utilizzate
contengono anche zolfo, il quale ha l'effetto di incidere
negativamente sulla resa dei catalizzatori DeNOx. La loro
efficienza potrebbe essere in realtà ripristinata arricchendo
temporaneamente la miscela aria/benzina (mediante un aumento della
percentuale di benzina), ma ciò andrebbe inevitabilmente a scapito
dei consumi, annullando di fatto i vantaggi dell'adozione della
carica stratificata (la quale, appunto, ha come proprio obiettivo
non maggiori prestazioni ma minori consumi). Ebbene,
come già accennato, il motore Alfa Romeo 2.0 JTS funziona
prevalentemente con carica omogenea (nel senso di "non
stratificata") e miscele stechiometriche (cioè, miscele con
rapporto aria-benzina pari al rapporto stechiometrico: 14,7/1). Ora,
se da una parte è vero che proprio questa caratteristica rende
possibile ottenere una buona conversione di tutte le sostanze
inquinanti (NOx compresi!) anche attraverso le normali
marmitte catalitiche trivalenti e senza la necessità di ricorrere
alle fin troppo delicate marmitte catalitiche DeNOx, è
però altrettanto vero che in sede di messa a punto del propulsore
era apparsa chiara la impossibilità (utilizzando i normali
catalizzatori trivalenti) di abbattere gli ossidi di azoto (NOx)
sino ai bassissimi valori richiesti dalla normativa europea
anti-inquinamento Euro4 in vigore dal 2006. Per
far fronte a questo problema, si è reso allora necessario ricorrere
al ricircolo dei gas di scarico, ottenuto mediante un semplice
sistema dal costo praticamente nullo e basato sul rientro
(realizzando un incrocio distribuzione di una certa entità) nella
camera di combustione di una certa percentuale di gas combusti. Si è così attuata la cosiddetta IGR
(Internal Gas Recirculation), ben diversa dalla più famosa e
diffusa EGR (External Gas Recirculation). Nel
caso della tecnica IGR, il gas viene riciclato in aspirazione
prelevandolo dal collettore di scarico. Questa soluzione, però, pur
risolvendo il problema delle emissioni di ossidi di azoto (NOx),
provoca gravi disturbi sulla regolarità del motore ai bassi regimi
perché il gas introdotto in camera dà origine ad una miscela magra
che genera mancate accensioni. Ebbene,
per eliminare questo problema, anche ai tecnici Alfa non restava che
ricorrere alla tecnica della stratificazione, raccogliendo così le
molecole di combustibile sparse nella camera e concentrandole nelle
vicinanze della candela. Nel caso del 2.0 JTS, la
stratificazione è stata ottenuta ritardando l'iniezione del
combustibile, il quale viene spruzzato dentro una piccola conca
(visibile nell'immagine sotto riportata) che è ricavata sulla testa
dello stantuffo e che ha la funzione di deviare la benzina verso la
candela.
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Ma è proprio a questo punto che arriva la
fondamentale novità del motore 2.0 JTS: l'utilizzazione della tecnica
della stratificazione della miscela aria/benzina solo ai bassissimi
regimi (cioè, solo al di sotto dei 1500 giri/minuto). Come è
possibile osservare nella figura sottostante, infatti, il piano
coppia-giri può essere facilmente suddiviso in tre zone: una prima
ridottissima zona di miscela stratificata, una seconda vasta zona con
alimentazione stechiometrica e, infine, la zona delle massime coppie in
cui la miscela viene tenuta ricca.
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Inoltre,
va sottolineato che il 2.0 JTS non utilizza dispendiosi quanto
delicati sistemi di post-trattamento degli ossidi di azoto e che il
ricircolo dei gas di scarico avviene a costo nullo poiché si
realizza con un adeguato incrocio degli alberi a camme, ottenuto con
lo stesso variatore di fase (lato aspirazione) già parte del
precedente motore 2.0 Twin Spark. Per completezza, ricordiamo che la
fase stratificata si avvale di un incrocio di 52° e di un rapporto
aria/benzina prossimo a 21. Ebbene, il particolarissimo
funzionamento dell'Alfa Romeo JTS fa sì che esso non possa essere
collocato nella categoria dei motori puramente stechiometrici né
(vista la piccola zona di lavoro con miscele magre) in quella dei
motori stratificati. Appare quindi coerente la definizione di
"motore semi-stratificato".
Conclusioni.
Abbiamo accennato alle riduzioni del consumo di
carburante conseguenti all'adozione dell'iniezione diretta,
riferendoci all'ipotesi di una iniezione diretta di tipo
tradizionale, intendendo per "tradizionale" l'iniezione
diretta stechiometrica (cioè, lo ricordiamo, funzionante con carica
omogenea, nel senso di "non stratificata", e miscele con
rapporto aria-benzina pari al rapporto stechiometrico: 14,7/1). Ebbene, all'alto rapporto di
compressione adottato nel 2.0 JTS, al ricircolo dei gas di scarico e
ai vantaggi del non bagnamento delle pareti dei collettori di
alimentazione nei transitori, si aggiungono i piccoli ma non
trascurabili vantaggi di consumo che si ottengono nella fase
stratificata. In questo contesto, c'è poi da dire che l'Alfa, allo
scopo di ottenere ancora più briosità ed elasticità rispetto al
già ottimo Twin Spark, ha ritenuto col 2.0 JTS di non dover
allungare i rapporti di trasmissione, con l'apprezzabile risultato
di un buon 15% di superiorità nella ripresa da 80 a 120 km/h. Un ultimo (ma non per importanza)
aspetto che della progettazione di questo nuovo propulsore va
sottolineato riguarda le scelte fatte in tema di numero e
collocazione dei catalizzatori. E' infatti questo un fattore che
incide non poco sulla resa prestazionale complessiva della vettura. L'immagine sottostante raffigura la
disposizione scelta per i motori Twin Spark.
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Si notano due pre-catalizzatori collocati
nel collettore di scarico appena a valle delle giunzioni 1-4 e 2-3;
immediatamente dopo vi sono le due tubazioni finali del collettore che a
loro volta confluiscono nel nodo di giunzione finale. Sul condotto
finale è poi collocato il catalizzatore principale. Ebbene,
nella fase di progetto e messa a punto del 2.0 JTS, i tecnici Alfa hanno
mutato lo schema adottato sui motori Twin Spark. Una
prima possibile strada era quella di sostituire i due pre-catalizzatori
con due catalizzatori di adeguate dimensioni, soluzione che consentiva
di eliminare il catalizzatore posizionato sul condotto finale.
Una seconda strada poteva poi consistere
nel far convergere i quattro collettori di scarico in un unico punto in
cui era disposto un grosso catalizzatore.
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Questa seconda possibilità è sicuramente
la più efficiente sul piano delle emissioni inquinanti (il
catalizzatore, infatti, grazie alle minori masse in gioco, riscalda
prima e raggiunge più rapidamente la propria temperatura di esercizio)
ed è anche il meno costoso (grazie alla semplicità dell'impianto).
Tuttavia, l'adozione di questo secondo schema (generalmente conosciuto
come "4 in 1") viene subito scartata dall'Alfa Romeo per via
del decadimento prestazionale che inevitabilmente una scelta del genere
avrebbe comportato: infatti, si sarebbe avuto un non ottimale
sfruttamento dell'effetto estrattivo della colonna dei gas combusti, i
quali, così, avrebbero teso a ritornare dentro i vari cilindri e a non
favorire il riempimento delle camere di combustione. Una soluzione del
genere avrebbe potuto essere adottata solo nel caso in cui il punto di
unione dei quattro collettori di scarico fosse stato ulteriormente
distanziato dalla testa, al fine di impedire alle onde di sovrapressione
di giungere ai cilindri quando l'incrocio della distribuzione tiene
contemporaneamente aperte le valvole di aspirazione e le valvole di
scarico. Ma, problemi di ingombro a parte, l'allontanamento del
catalizzatore dalla testa avrebbe compromesso il contenimento delle
emissioni inquinanti (a causa del maggior tempo che sarebbe stato
necessario al catalizzatore per raggiungere la propria temperatura di
esercizio). Alla fine, dunque, la
scelta finale è quella di seguire la prima strada, con il collocamento
di due catalizzatori ceramici (dal volume totale di 2 litri circa)
subito a valle delle giunzioni 1-4 e 2-3.
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In
pratica, si tratta dello stesso ottimo schema (conosciuto come
"4 in 2 in 1") adottato anche sui Twin Spark, uno schema
che rappresenta sempre la scelta ottimale per l'ottenimento delle
migliori prestazioni del propulsore nei regimi medio-bassi (a tutto
vantaggio di coppia ed elasticità). Ma in più, rispetto ai
Twin Spark, il 2.0 JTS può contare su una maggiore permeabilità al
passaggio dei gas combusti, grazie alla mancanza del catalizzatore
collocato sul condotto finale: al posto di questo catalizzatore,
infatti, è stato montato un classico silenziatore dalle
contropressioni nettamente inferiori. Nella zona coppia-giri a
funzionamento stratificato (cioè, al di sotto dei 1500
giri/minuto), i catalizzatori del JTS svolgono essenzialmente una
funzione ossidante degli idrocarburi incombusti (HC) e dell'ossido
di carbonio (CO), essendo affidato all'IGR (cioè, il ricircolo dei
gas di scarico) il compito di combattere la formazione degli ossidi
di azoto (NOx).
In
definitiva, la tecnologia JTS si presenta sin da subito al mercato
come una degna erede della gloriosa architettura Twin Spark: una
innovazione nel solco della tradizione. E questa è stata
l'impressione anche di tutti i partecipanti al Congresso Tecnico
tenutosi nell'autunno del 2001 ad Aachen (Germania), l'occasione in
cui i tecnici Alfa Romeo presentarono per la prima volta il loro
nuovo gioiello. Concludiamo
con la scheda tecnica del motore 2.0 JTS.
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N°
cilindri: 4 in linea, 2 alberi controrotanti di equilibratura
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Posizione:
anteriore trasversale
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Ciclo-tempi:
otto, 4
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Alesaggio
e corsa: 83 x 91 mm
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Cilindrata:
1970 cc
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Rapporto
di compressione: 11,3:1
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Potenza
max: 165 cv (121 Kw)
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Regime
potenza massima: 6400 giri/minuto
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Coppia
max: 206 Nm (21 Kgm)
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Regime
di coppia max: 3250 giri/minuto
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Carburante
richiesto: benzina senza Pb (RON 95)
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Normativa
anti-inquinamento rispettata: Euro 4
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Interasse
cilindri: 90 mm
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N°
supporti albero motore: 5
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Basamento:
in ghisa lamellare
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Testa
cilindri: in alluminio bonificato, con pompa acqua integrata e
collettore a geometria variabile in plastica
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N°
valvole per cilindro: 4
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Posizione
valvole: a V (47°)
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Distribuzione:
2 alberi a camme in testa, con punterie idrauliche e variatore
di fase elettroidraulico calettato sull'albero a camme di
distribuzione comandato da centralina Bosch
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Comando
distribuzione: cinghia dentata
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Aspirazione
- inizio fase incrociata: 32° prima del Punto Morto Superiore
-
Aspirazione
- fine fase incrociata: 27° dopo il Punto Morto Inferiore
-
Aspirazione
- inizio fase ritardata: 7° dopo il Punto Morto Superiore
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Aspirazione
- fine fase ritardata: 52° dopo il Punto Morto Inferiore
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Alzata
di controllo: 0,45 mm
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Inizio
scarico: 41° prima del Punto Morto Inferiore
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Fine
scarico: 13° dopo il Punto Morto Superiore
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Alzata
di controllo: 0,45 mm
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Regolazione
gioco valvole: automatica, con punterie idrauliche
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Tipo
di accensione: statica, a controllo elettronico digitale
integrata con l'iniezione, sensore di detonazione, con 4 bobine
AT alloggiate nella testa, 1 candela per cilindro
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Ordine
di accensione: 1-3-4-2
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Pompa
benzina: elettrica, su motore (returnless), alta pressione
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Iniezione:
elettronica sequenziale fasata MPI Bosch MED 7.1.1, con
controllo selettivo della detonazione
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Filtro
aria: a secco, con cartuccia
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Controllo
emissioni: catalizzatori di tipo "cascade" (precatalizzatore
+ catalizzatore) su primari di scarico + 4 sonde lambda
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Tipo
lubrificazione: forzata con pompa ad ingranaggi, scambiatore
acqua/olio
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Filtro
olio: a cartuccia
-
Tipo
raffreddamento: a liquido, con circolazione forzata mediante
pompa centrifuga e circuito sigillato; radiatore e serbatoio
supplementare di espansione
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Regolazione
raffreddamento: con termostato
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Ventilatore
raffreddamento: elettrico, con inserzione regolata dalla
centralina di iniezione
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Curve
di potenza (Kw) e coppia (Nm):
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Materiale tratto da AUTOTECNICA
dicembre 2003
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