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La fasatura della distribuzione.
In
ogni propulsore, numerosi organi meccanici lavorano in sincronismo
con il movimento dei pistoni e, pertanto, devono essere
perfettamente "in fase" con l'albero motore, al quale sono
collegati da catene, cinghie dentate o ingranaggi. La fasatura
dell'accensione, per esempio, è il legame angolare che intercorre
tra la posizione del pistone e l'istante in cui scocca la scintilla
(anticipo d'accensione). La fasatura della distribuzione, invece,
serve a determinare il punto di apertura e di chiusura delle valvole
rispetto alla posizione del pistone. Essa, normalmente fissa, sui
motori moderni viene a volte resa variabile tramite il cosiddetto
"variatore di fase", che serve a migliorare il grado di
riempimento del volume totale del cilindro (attraverso la variazione
del movimento delle valvole) in funzione del numero di giri del
motore e, quindi, in funzione della potenza desiderata. Più
precisamente, quindi,
per "fasatura delle valvole" si intendono gli angoli di
apertura e di chiusura delle valvole riferiti ai punti morti (PMI e
PMS, rispettivamente Punto Morto Inferiore e Punto Morto Superiore,
cioè gli estremi della corsa del pistone in cui il moto si inverte
e in corrispondenza dei quali la velocità dello stantuffo assume
per un istante valore zero), secondo un diagramma circolare definito
appunto "diagramma della distribuzione". Gli effetti
della fasatura delle valvole sulle prestazioni di un motore a
benzina sono notevoli; in particolare, la fasatura delle valvole di
aspirazione influenza la potenza erogata dal motore. Ritardare
la chiusura delle valvole (angolo di incrocio elevato) significa
incrementare la potenza agli alti regimi, grazie ad un certo grado
di sovralimentazione dovuto agli effetti inerziali del moto
dell'aria, ma ciò comporta anche delle perdite ai medi e bassi
regimi a causa dei riflussi della carica nei condotti di
aspirazione. Al contrario, se si anticipa la chiusura delle valvole
di aspirazione (angolo di incrocio limitato), si ottengono
incrementi prestazionali ai bassi e medi regimi. La scelta tra
le due fasature è sovente frutto di compromessi. Infatti, un angolo
di incrocio limitato ridurrebbe, soprattutto ad alto numero di giri,
l'ampiezza delle fasi di aspirazione della miscela fresca e di
scarico dei gas combusti, impedendo l'ottimale riempimento dei
cilindri e limitando di conseguenza la potenza erogata. Al
contrario, un incrocio eccessivo potrebbe causare un funzionamento
irregolare del motore a basso numero di giri e, soprattutto al
minimo, ritorni di fiamma verso l'alimentazione e spreco di
combustibile non bruciato che uscirebbe dalle valvole di scarico.
I
motori 4 cilindri Alfa Romeo, dotati di 4 carburatori e relative 4
farfalle adottavano una fasatura con elevati incroci delle valvole,
perché la presenza di una farfalla per ogni collettore impediva i
riflussi ai bassi regimi ed al minimo. Il
discorso potrà apparire più chiaro approfondendo brevemente il
fondamentale concetto di "angolo di incrocio delle
valvole". Esso
non è altro che l'intervallo di rotazione dell'albero motore,
misurato in gradi, durante il quale rimangono aperte simultaneamente
le valvole di aspirazione e di scarico: ciò avviene quando il
pistone si trova al Punto Morto Superiore (PMS), all'inizio della
fase di aspirazione e alla fine della fase di scarico, ed è
provocato dal ritardo di chiusura dello scarico e dall'anticipo di
apertura dell'aspirazione. L'ampiezza dell'angolo di incrocio è
molto varia, in genere tra i 10° e i 60° (fino ai 120° nei motori
da competizione), e dipende sia dalle caratteristiche geometriche e
costruttive del motore sia dalle prestazioni: ha comunque lo scopo
di utilizzare al meglio l'effetto estrattore dell'onda di scarico e
di ottimizzare il rendimento volumetrico sfruttando l'inerzia dei
gas freschi che entrano nel cilindro. Più il motore è spinto,
tanto maggiore è l'angolo di incrocio; tuttavia, a partire dagli
anni Settanta, si è preferito ridurre il suo valore, in particolare
il ritardo di chiusura delle valvole di scarico, allo scopo di
limitare la fuoriuscita di benzina incombusta e, di conseguenza, le
emissioni inquinanti e il consumo. Come
già detto, un
elevato angolo di incrocio è utile quando il motore è al massimo
dei giri, perché contribuisce ad aumentare la potenza. Ciò però
penalizza il funzionamento ai medi e bassi regimi. Ebbene, i
variatori di fase consentono proprio di modificare l'incrocio
durante il funzionamento del motore, così da ottenere alta coppia
ai bassi regimi e potenza elevata a quelli più alti.
Il variatore di fase lato aspirazione dell'Alfa.
Nella
seconda metà degli anni Settanta, la lotta all'inquinamento
incominciava a muovere i primi importanti passi in California, dove
si cercava di abbattere le emissioni di CO, HC ed NOx.
Mentre le marmitte catalitiche ossidanti erano efficaci nella
riduzione dell'ossido di carbonio e degli idrocarburi incombusti,
per quanto riguardava gli ossidi di azoto, l'unica soluzione
prevista allora era la ricircolazione dei gas di scarico, conosciuta
anche come EGR (Exhaust Gas Recirculation). Il sistema prevedeva la
reimmisione, tramite una valvola, di una certa quantità di gas
combusti all'interno dei cilindri, gas che venivano così miscelati
con l'aria fresca prelevata dall'esterno. La valvola EGR veniva
attivata dalla depressione creata dall'apertura della farfalla.
I
motori Alfa Romeo all’epoca - lo abbiamo già accennato - erano
dotati di una farfalla per cilindro e far rientrare una certa
percentuale di gas di scarico in un motore con 4
farfalle era impossibile perché occorreva disporre di una tubazione
che portasse i gas combusti ai singoli collettori di aspirazione, ma
ciò avrebbe creato un bypass fra i collettori con l'annullamento
del blocco creato dalle farfalle. Pertanto, i tecnici Alfa furono
costretti a rinunciare alla singola farfalla per cilindro, a favore
di una iniezione meccanica con farfalla unica, che aveva però il
difetto di ridurre la coppia ai bassi e medi regimi, per
l'impossibilità di realizzare fasature spinte. L'adozione della
monofarfalla aveva risolto il problema del rispetto delle norme USA,
ma i motori avevano perso la prerogativa Alfa delle buone
prestazioni ai medi e bassi regimi, di fatto riportando i motori
della casa di Arese ai
tempi del carburatore unico centrale. Per ovviare alla fasatura di
distribuzione poco incrociata iniziarono allora gli studi per la
realizzazione di un dispositivo che
mantenesse un basso incrocio attorno al regime minimo e lo
incrementasse appena possibile: stava per nascere il primo variatore
di fase della storia dell'automobile. Il variatore di fase (fig. 1)
fu adottato, per la prima volta, dal motore di 1750 cc del Model Year 1980
dello Spider prodotto per il mercato USA.
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Nella
prima versione del variatore di fase, la camma (1) era
svincolata dalla puleggia di trascinamento (2), alla quale
era fissato un manicotto (3) che al suo interno presentava
una dentatura elicoidale. La compagna di tale dentatura faceva parte
di un mozzo (4) che poteva scorrere nella direzione indicata
dalle frecce rosse, con moto sia assiale che elicoidale, a seguito
della pressione ricevuta dall'olio motore, che andava ad agire sulla
faccia del mozzo. Il mozzo presentava al suo interno un dentatura
diritta che nel movimento si andava ad innestare con la dentatura (5)
dell'albero a camme che quindi consentiva la rotazione dell'albero e
di conseguenza degli eccentrici. Al ridursi della pressione
dell'olio, il mozzo veniva riportato in posizione iniziale dalla
molla (6). Il cambio di fasatura avveniva, in teoria, dopo
avere superato i 1650 giri/min, ma nella realtà ciò poteva
avvenire, a causa degli eccessivi giochi negli accoppiamenti, anche
a 2000 giri/min. La variazione della fasatura lato aspirazione aveva
come conseguenza che le valvole iniziavano ad aprirsi con un angolo
di albero motore di 44° 34' rispetto al Punto Morto Superiore, in
luogo dei 24° 34' che erano stati definiti per regimi di rotazione
inferiori ai 1650 giri/min. Gli obiettivi raggiunti
dall'Alfa Romeo con l'adozione del variatore di fase si meritarono
un citazione ufficiale dell'ente americano dedicato ai problemi
dell’inquinamento ambientale (EPA): "L'Alfa Romeo è riuscita
a conservare le caratteristiche dei suoi motori pur rispettando
ampiamente le normative sulle emissioni stabilite dalle leggi
americane". La prima generazione del variatore di fase ebbe però
vita piuttosto breve, a causa dell'inasprirsi delle leggi
antinquinamento USA. Per contenere gli HC (idrocarburi incombusti),
era richiesto il mantenimento di un piccolo incrocio (Small Overlap)
per piccole aperture della farfalla, almeno sino ai 3000 giri/min.
Le
nuove richieste di regolazione furono soddisfatte con l'introduzione
dell'iniezione elettronica e, di conseguenza, del variatore di fase
a controllo
elettronico (fig.
2).
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La
centralina che
gestiva l'iniezione controllava
un elettromagnete (1)
tramite opportuni segnali, secondo una
mappatura definita nel laboratorio emissioni. La valvola a
cassetto di controllo pressione (2), azionata dal punzone (3)
dell'elettromagnete, permetteva o meno il passaggio dell'olio
realizzando oppure no la rotazione angolare dell'albero a camme. Il
sistema descritto trovò la sua prima applicazione, sul mercato
europeo, nel motore che equipaggiò l'Alfetta Quadrifoglio Oro del
1983 (modello tipo 116.55N, motore tipo AR01713) e andò
diffondendosi in modo sempre più massiccio sui motori Alfa Romeo a
4 cilindri prodotti a partire dalla seconda metà degli anni '80,
sino ad arrivare ad equipaggiare l'intera famiglia dei motori Twin
Spark (sia di prima che di seconda generazione, 8 e 16 valvole) e
il primo dei motori con tecnologia JTS: il motore a 4 cilindri 2.0
JTS da 166 cv montato su 156 berlina, 156 Sportwagon, GT, GTV e
Spider. A partire dalla prima applicazione sull'Alfetta, comunque,
l'evoluzione di questo dispositivo (fig. 3) si svolse mantenendo
sostanzialmente inalterato il principio di funzionamento e
limitandosi a modificare solo il layout generale per ridurre gli
ingombri longitudinali del motore.
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L'elettromagnete
(1), spostato nel coperchio anteriore del motore, in base
agli impulsi impartiti dalla centralina elettronica, azionava il
punzone che agiva sulla valvola (2), spingendola verso il
basso; l'olio motore in pressione fluiva tramite i condotti verso il
mozzo e, tramite l'azione delle ruote dentate (3) e (5),
variava l'angolazione dell'albero a camme (6) messo in
rotazione sempre tramite la puleggia (4). La grande
flessibilità offerta dall'elettronica ha quindi consentito di
ottimizzare l'applicazione di questo variatore di fase, con la
conseguenza di amplificare le prestazioni del motore lungo tutto
l'arco di giri utili, caratteristica da sempre associata ai motori
Alfa Romeo.
Il
variatore di fase lato aspirazione dell'Alfa Romeo, nato nel 1980,
è stato un vero e proprio apripista nel campo della fasatura
variabile della distribuzione: solo successivamente, e in molti casi
anche a distanza di parecchi anni, altri costruttori ne hanno
seguito l'esempio. All'Alfa va quindi ancora una volta riconosciuto
il merito, in quei lontani ultimi anni Settanta, di aver saputo
vedere lontano, tracciando la via da seguire e introducendo una
innovazione assoluta che anche la stessa Alfa ha successivamente
sviluppato adottando poi nei propri motori una fasatura variabile
applicata non più solo alle valvole di aspirazione ma anche a
quelle di scarico, il tutto accoppiato a ulteriori importanti
innovazioni nel campo della gestione della distribuzione. Ma qui
inizia un'altra storia.
agosto
2006
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